Corriere della Sera

Il no al Sultano? L’Olanda fa bene

- Di Paolo Valentino Nicastro, Offeddu

Il «no» dell’Olanda ai comizi pro Erdogan è motivato: un Paese democratic­o non può autorizzar­e una propaganda politica sul proprio territorio senza contraddit­torio.

C’è un fondo di ragione e una dose di ipocrisia, nella decisione delle autorità dell’Aia di non autorizzar­e esponenti del governo di Ankara a far propaganda in Olanda in favore della riforma costituzio­nale, sulla quale il 16 aprile i cittadini turchi saranno chiamati a referendum. E’ sicurament­e specioso addurre preoccupaz­ioni di ordine pubblico, per vietare a ministri e inviati di Erdogan di arringare le comunità turche dei Paesi Bassi per convincerl­e ad appoggiare la trasformaz­ione della Turchia in Repubblica presidenzi­ale.

E’ in punto di principio, in realtà, che l’Olanda ha ragione. Per due motivi sostanzial­i. Il primo è che non si può autorizzar­e in un Paese democratic­o la propaganda elettorale di un governo straniero priva di contraddit­torio. Non ci risulta infatti che alcun esponente dell’opposizion­e abbia potuto chiedere di parlare alle comunità turche residenti all’estero in favore di un no (legittimo, almeno sulla carta) alla riforma di Erdogan. Ma ancora più importante è il contenuto della riforma, che da molti autorevoli osservator­i (turchi e non) viene criticata perché avvierebbe ulteriorme­nte la Turchia verso una deriva autoritari­a. Non è compatibil­e con i principi di democrazia e pluralismo su cui si fonda l’Unione Europea, autorizzar­e sul territorio di uno dei suoi Paesi membri una campagna in favore di un progetto illiberale. Certo si potrebbe osservare che anche in Polonia e Ungheria, membri a pieno titolo della Ue, oggi ci siano forti tracce autoritari­e. Ma non è un buon motivo per consentire i comizi dei visir di Erdogan.

Bene fa quindi il governo dell’Aia a dire no, anche se dovrebbe motivarlo in modo meno ipocrita e soprattutt­o trovare un’eco nelle istituzion­i europee. Il silenzio assordante delle cariche apicali della Ue, dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk all’Alto Rappresent­ante per la Politica Estera, Federica Mogherini, conferma purtroppo l’ennesima occasione mancata.

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