Il no al Sultano? L’Olanda fa bene
Il «no» dell’Olanda ai comizi pro Erdogan è motivato: un Paese democratico non può autorizzare una propaganda politica sul proprio territorio senza contraddittorio.
C’è un fondo di ragione e una dose di ipocrisia, nella decisione delle autorità dell’Aia di non autorizzare esponenti del governo di Ankara a far propaganda in Olanda in favore della riforma costituzionale, sulla quale il 16 aprile i cittadini turchi saranno chiamati a referendum. E’ sicuramente specioso addurre preoccupazioni di ordine pubblico, per vietare a ministri e inviati di Erdogan di arringare le comunità turche dei Paesi Bassi per convincerle ad appoggiare la trasformazione della Turchia in Repubblica presidenziale.
E’ in punto di principio, in realtà, che l’Olanda ha ragione. Per due motivi sostanziali. Il primo è che non si può autorizzare in un Paese democratico la propaganda elettorale di un governo straniero priva di contraddittorio. Non ci risulta infatti che alcun esponente dell’opposizione abbia potuto chiedere di parlare alle comunità turche residenti all’estero in favore di un no (legittimo, almeno sulla carta) alla riforma di Erdogan. Ma ancora più importante è il contenuto della riforma, che da molti autorevoli osservatori (turchi e non) viene criticata perché avvierebbe ulteriormente la Turchia verso una deriva autoritaria. Non è compatibile con i principi di democrazia e pluralismo su cui si fonda l’Unione Europea, autorizzare sul territorio di uno dei suoi Paesi membri una campagna in favore di un progetto illiberale. Certo si potrebbe osservare che anche in Polonia e Ungheria, membri a pieno titolo della Ue, oggi ci siano forti tracce autoritarie. Ma non è un buon motivo per consentire i comizi dei visir di Erdogan.
Bene fa quindi il governo dell’Aia a dire no, anche se dovrebbe motivarlo in modo meno ipocrita e soprattutto trovare un’eco nelle istituzioni europee. Il silenzio assordante delle cariche apicali della Ue, dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk all’Alto Rappresentante per la Politica Estera, Federica Mogherini, conferma purtroppo l’ennesima occasione mancata.