Pecore, kilt e 007 Un Paese a parte
Il vallo di Adriano marca una divisione di storia, religione e cultura. Ma il Regno Unito esiste ormai da tre secoli ed è ampia la contaminazione con Londra
Gli inglesi hanno il pudding, gli scozzesi lo haggis: e questo dice tutto. Solo nelle Highlands sono in grado di digerire un pasticcio fatto di stomaco di pecora e riempito di interiora. Ma adesso neanche loro sembrano capaci di mandare giù la Brexit.
Quella segnata dal vallo di Adriano è una divisione che attraversa la storia, la cultura, la religione. Nelle brughiere settentrionali le legioni romane non osarono mai avventurarsi: gli scozzesi sono rimasti un popolo celtico, a Sud sono stati prima latinizzati (chi ha fondato Londinium?) e poi invasi da anglosassoni e normanni.
La diversità scozzese si nutre di tanto folklore: sono gli unici omaccioni che nelle occasioni formali vanno in giro con la gonna (il kilt) e fanno festa soffiando nelle cornamuse. Per non parlare delle leggendarie bevute di whisky, qui distillato in gran copia.
È una diversità scritta nel sangue e raccontata dalle epopee cinematografiche. A partire da Braveheart, ossia William Wallace, l’eroe nazionale che sconfisse gli inglesi in campo aperto alla fine del Duecento per finire poi torturato e giustiziato: un condottiero che per noi ha il volto di Mel Gibson. Mentre ha il volto di Katharine Hepburn Maria Stuarda, regina di Scozia: la sfortunata sovrana che nel Cinquecento tentò un’inutile restaurazione cattolica e terminò i sui giorni imprigionata e poi decapitata per volere di Elisabetta I.
Ma il personaggio forse più celebre, tra fantasia e realtà, è James Bond: che contrariamente a quanto si possa pensare, non ha una goccia di sangue inglese. La spia di Ian Fleming è infatti di padre scozzese e di madre franco-svizzera. E il suo interprete per eccellenza non poteva che essere lo scozzesissimo Sean Connery (strenuo sostenitore, tra l’altro, dell’indipendenza).
Anche l’ultimo 007, quello con Daniel Craig, ha il suo redde rationem nell’avito castello scozzese, Skyfall. E scozzesi sono le giacche che vediamo spesso indossate da Sean Connery: il ruvido Harris tweed viene lavorato a mano nelle isole Ebridi. Come dalle Highlands proviene il miglior cachemire e la lana Shetland.
La Scozia è terra di leggende non solo storiche e cinematografiche: i castelli che punteggiano la brughiera sono tradizionalmente abitati da fantasmi e lo spettro cui tutti danno la caccia da tanti decenni è il mostro di Loch Ness, la favolosa creatura che abiterebbe nelle profondità del lago che lambisce Inverness.
Parlando di credenze e fedi radicate, non si può non ricordare la diversità religiosa della Scozia: dove è forte la versione presbiteriana del protestantesimo, ossia la sua interpretazione calvinista e puritana, riconosciuta dall’Inghilterra come fede di Stato in Scozia nel 1707, quale condizione fondamentale dell’ Atto di Unione. Ma dove allo stesso tempo si annovera una buona presenza cattolica.
L’altro elemento fondante di una nazione è la lingua. E se è vero che gli scozzesi parlano inglese, è altrettanto vero che lo declinano con un accento che spesso risulta incomprensibile all’orecchio straniero: parole come down e town vengono pronunciate come si scrivono, e via dicendo.
Fatte salve le differenze, è vero che negli ultimi tre secoli gli scozzesi hanno legato il loro destino alla Gran Bretagna: tanto che l’Impero è stato in gran parte proiettato nel mondo e poi amministrato da scozzesi. E ai giorni nostri, sono venuti dalla Scozia gli ultimi primi ministri pre-Brexit: Tony Blair, di famiglia inglese ma cresciuto ed educato a Edinburgo, e il suo successore Gordon Brown. E forse non è un caso che l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa sia opera di due premier inglesissimi: David Cameron e Theresa May.
Last but not least, è di madre scozzese il politico più dirompente di quest’anno (e di quelli a venire): un certo Donald Trump.