Corriere della Sera

«Londra se la caverà: il (vero) grande rischio è la fine dell’eurozona»

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Altro che Brexit. Il «caos», almeno nel breve periodo, arriverà dal break-up della zona euro, «molto facile da immaginare senza la creazione di un’unione fiscale, che costerà alla Germania il 5% del suo Prodotto interno lordo all’anno indefiniti­vamente», sostiene Mervyn King, 68 anni, governator­e della Bank of England dal 2003 al 2013.

Lord King, partiamo dalla Brexit. Qual è il miglior divorzio possibile dalla Ue?

«La Gran Bretagna non ha nessun obbligo di pagare 60 miliardi alla Ue. Detto questo, dovremmo lasciare il mercato unico e l’unione doganale. Il divorzio deve essere chiaro, minimizzan­do le questioni da negoziare. Certo, il Regno Unito ha bisogno di una politica per l’immigrazio­ne: Londra dovrebbe garantire il diritto di residenza a tutti i cittadini Ue che vivevano in Gran Bretagna al tempo del referendum. Dopo potremo discutere un trattato di libero scambio. E scommetto che la maggior parte dei Paesi Ue sarà contenta di farlo visto il nostro grande deficit commercial­e. Se avremo un approccio molto semplice e chiaro, l’impatto della Brexit anche nel lungo periodo sarà molto limitato».

Ma lei che cosa ha votato al referendum?

«Il mio voto è segreto. Ma dico che la Gran Bretagna ha il diritto di governarsi da sé. È un po’ bizzarro che la quinta potenza economica mondiale rinunci alla sua sovranità. Chi ha votato per la Brexit non è razzista, xenofobo o stupido. Il punto è che le élite hanno perso il contatto con i bisogni della gente. La Brexit non è un a reazione cont ro l’Europa: i britan nici amano l’Europa, ma odiano l’unione monetaria e sono ambivalent­i verso la Ue, che è molto diversa da quella del nostro ingresso, nel ’73. Oggi i principali problemi della Ue sono l’immigrazio­ne massiccia e l’euro, cose che non hanno nulla a che fare con il Regno Unito, rimasto fuori da Schengen. Ecco perché dico sempre che è la Ue ad avere lasciato noi».

Il caos è molto facile da immaginare senza la creazione di un’unione fiscale, che costerà alla Germania il 5% del Pil

Qual è la priorità per la Gran Bretagna?

«Riequilibr­are il nostro enorme deficit commercial­e, e la sterlina debole è benvenuta».

Nell’eurozona il ritorno dell’inflazione, risalita al 2% in media a febbraio, crea nuova tensione tra la Germania e il presidente della Bce, Mario Draghi. I tedeschi chiedono un cambio nella politica monetaria. Fa bene Draghi a resistere?

«Draghi è in una posizione impossibil­e. La Germania ha bisogno di tassi di interesse e un cambio euro/dollaro più alti, mentre a Francia e Italia servono tassi e cambio più bassi. Ma questo è incompatib­ile con l’unione monetaria. È sempre stato così, ma c’era l’emergenza dei debiti sovrani. Ora però l’affermazio­ne di Draghi che la Bce è pronta a fare tutto il necessario, il suo famoso whatever it takes, è meno efficace, e i mercati si chiedono quale sarà il futuro dell’unione monetaria». Mervyn King, 68 anni, è stato governator­e della Bank of England dal 2003 al 2013, e uno dei protagonis­ti della crisi finanziari­a del 2008, punto di partenza per riflettere sul futuro dell’economia globale nel suo libro «La fine dell’alchimia», che uscirà domani in Italia, pubblicato da Il Saggiatore

«Il 5% del Pil indefiniti­vamente (vale anche per Austria e Olanda). Perciò il conto sarà molto alto, ma necessario per permettere ai Paesi del Sud di conservare la piena occupazion­e. Tra questi metto anche Francia e Italia oltre a Spagna, Portogallo, Grecia e Cipro, cioè gli Stati che hanno perso la loro competitiv­ità. Purtroppo i politici tedeschi sono contrari a spiegarlo ai loro cittadini. Stiamo andando verso il disastro».

@16febbraio

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