«Abbiamo comprato champagne e festeggeremo con i nostri amici Ho dovuto fare molti test, sono la mamma migliore che ci sia...»
Quando è nata Barbara, Rory Cappelli non ha esitato: ha scritto una mail a tutti i colleghi annunciando il lieto evento e lasciando tutti perplessi, nessuno aveva notato il suo pancione, nessuna l’aveva vista assentarsi dal lavoro per partorire.
Nessuno aveva pensato che Barbara non era stata partorita da Rory, bensì dalla sua compagna — ora sua moglie, dopo l’unione civile di un mese fa — e che per diventare anche figlia sua per lo Stato italiano, Rory avrebbe dovuto aspettare una sentenza del tribunale minorile di Roma, la sesta di questo tipo, arrivata ieri, quando ormai Barbara sta per compiere quattro anni.
«Abbiamo comprato champagne e festeggeremo, anche con i nostri amici», dice Rory gli occhi brillanti e la voce che tradisce la commozione dell’attesa, lei che Barbara l’ha cullata, le ha cambiato i pannolini, le ha dato la pappa e magari anche qualche scappellotto. Fino a ieri lei nei confronti di quella bambina aveva gli stessi diritti di una baby sitter a ore.
Emozione
Adesso Barbara è sua figlia a tutti gli effetti e potrà aggiungere anche il suo cognome accanto a quello della madre biologica.
«È la sesta volta che il tribunale di Roma riconosce questo tipo di adozione, anche se la nostra è l’unica che è diventata definitiva davanti alla Corte d’Appello, mentre le altre sono diventate definitive in primo grado e soltanto una è arrivata in Cassazione». Parla con cognizione di causa Rory che di mestiere fa la giornalista e chissà quanto le piacerebbe scrivere lei stessa la notizia di questa sua adozione speciale, «stepchild adoption» detto in termini di una legge che questa pratica l’ha stralciata dai suoi articoli, ma che è comunque contemplata nella legge sulle adozioni. «Stepchild adoption» vuole dire che si può adottare il figlio biologico del compagno o della compagna e questo — in primis — è stato stabilito per le coppie eterosessuali, e adesso si sta facendo valere anche per le coppie omosessuali, in nome della genitorialità.
«Prima di poter essere dichiarata mamma di Barbara ho dovuto fare davvero molti esami con i periti del tribunale dei minori», racconta Rory. Ed elenca una lunga serie di test psicologici alla fine dei quali — dice soddisfatta — ha ottenuto l’idoneità piena. «Sono la mamma migliore che ci sia», dice sorridendo con una punta d’ironia, ma anche una punta d’orgoglio.
Barbara ha sempre saputo di avere due mamme, ci scherza e ci gioca con i suoi compagni d’asilo, e chissà se adesso capirà la differenza della sentenza: per lei Rory è sempre stata l’altra mamma, non aveva bisogno glielo certificasse lo Stato.