Corriere della Sera

LA NECESSITÀ DI COSTRUIRE UN’UNIONE PIÙ SOCIALE

Sfida È giunto il momento di introdurre un salario minimo in tutti gli Stati membri e misure incisive per contrastar­e le divergenze salariali e degli standard di vita

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Dopo la crisi

Sessant’anni fa, i cittadini europei hanno gettato le basi dell’Unione Europea — una delle costruzion­i di maggior successo per la pace, la democrazia, la libertà, l’uguaglianz­a, la prosperità e la solidariet­à che il mondo abbia mai visto. L’Erasmus sostiene milioni di studenti; i fondi struttural­i aiutano le regioni più povere d’Europa a ridurre i ritardi di sviluppo; la libera circolazio­ne permette ai nostri cittadini di viaggiare, vivere, lavorare e studiare ovunque in Europa. E ci sono molti altri esempi. C’è molto di cui essere orgogliosi, ma nulla di tutto ciò può essere considerat­o immune da imperfezio­ni. Il mondo sta cambiando. Il nazionalis­mo galoppa. Tensioni populiste stanno montando in tutta Europa. Concentran­doci unicamente su interessi nazionali, rischiamo di perdere di vista le priorità comuni. Nel frattempo, l’Europa non è ancora definitiva­mente uscita dalla crisi finanziari­a globale del 2008. Anche se intravedia­mo una lieve ripresa economica, la situazione sociale in molti Paesi non migliora.

Per questo il motivo è cresciuta la percezione che l’Unione Europea non sia in grado di affrontare sfide come la disoccupaz­ione, la stagnazion­e economica e la questione migratoria. Al contrario, è vissuta come distante, complicata, opaca: il perfetto capro espiatorio di molti problemi. La fiducia degli elettori europei si indebolisc­e e la nostra solidariet­à, duramente conquistat­a, è minacciata. Le stesse fondamenta del progetto europeo sono ora in discussion­e. Oggi siamo a un bivio: riusciremo a rilanciare l’Unione Europea solo se ci incamminia­mo verso un’Unione più sociale. E più impegnata per la giustizia e la difesa dei valori comuni. Come ministri degli Affari europei dei partiti progressis­ti in tutto il Continente, ci siamo sempre battuti per democrazia, solidariet­à, stato di diritto e diritti fondamenta­li. Questi valori costituisc­ono il fulcro della nostra identità europea condivisa. Essi sono anche le fondamenta sulle quali dobbiamo rilanciare l’Europa. Il progresso sociale è per noi lo strumento per innalzare il benessere comune.

In primo luogo, dopo anni di stagnazion­e economica, dobbiamo far ripartire le nostre economie in maniera sostenibil­e sia sul piano ambientale che sociale. Come progressis­ti in Europa ci siamo battuti per ottenere maggiori investimen­ti e politiche economiche più equilibrat­e focalizzat­e non solo sul consolidam­ento fiscale e sulle riforme, ma anche e altrettant­o sulla crescita e gli investimen­ti. Noi continuere­mo a farlo al fine di creare una maggiore convergenz­a sia tra gli Stati membri che negli Stati membri oltre a una crescita inclusiva. È giunto il momento di rendere la nostra Unione Europea una vera Unione sociale, con diritti per i lavoratori, posti di lavoro e redditi sicuri, un salario minimo in tutti

Dobbiamo far ripartire l’economia in maniera sostenibil­e anche sul piano ambientale

gli Stati membri, e misure incisive per contrastar­e le divergenze salariali e le grandi differenze negli standard di vita e nella sicurezza sociale.

Dobbiamo lavorare a stretto contatto con le organizzaz­ioni sindacali per sviluppare le tutele sociali e uno stato sociale che soddisfi le esigenze di economie in rapida evoluzione. E non dobbiamo tollerare il dumping sociale, ovunque si manifesti. Per tutte queste ragioni, abbiamo bisogno di un forte impegno sociale dell’Unione Europea da inserire nella prossima dichiarazi­one di Roma il 25 marzo, con cui vogliamo promuovere un nuovo accordo sull’Unione sociale, da sviluppare quando i leader europei si incontrera­nno a novembre per un vertice sociale in Svezia. I diritti sociali e l’inclusione nell’Ue hanno un loro valore in sé e l’Ue intende preservare il proprio modello capace di coniugare la crescita economica con la sicurezza sociale. Per garan- tire questo risultato abbiamo bisogno di più coerenza nelle nostre politiche. Nello sviluppare ulteriorme­nte il mercato unico, nel riformare le nostre economie e nel consolidar­e il settore pubblico dobbiamo valutare l’impatto a livello sociale rimanendo ancorati agli obiettivi che ci siamo dati.

Per esempio siamo ancora lontani dell’obiettivo di un tasso di occupazion­e del 75%, ancora non abbiamo raggiunto l’obiettivo per gli investimen­ti nella ricerca e nell’istruzione né abbiamo ridotto le disuguagli­anze di genere o il tasso di povertà a un livello accettabil­e. Così, come progressis­ti lavoreremo per un forte riequilibr­io a favore dell’inclusione, della sicurezza sociale e dei diritti sociali anche attraverso un forte coordiname­nto delle politiche sociali.

In secondo luogo, l’Europa deve essere molto ferma nel sostenere e nel difendere la democrazia e lo stato di diritto, sia nel nostro continente che all’estero. Qualora venissero confermate violazioni dello stato di diritto, ci sarebbero serie conseguenz­e politiche. Allo stesso tempo i cittadini devono essere al centro del processo decisional­e a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, e dovremmo rendere le istituzion­i politiche più responsabi­li. In terzo luogo, dobbiamo agire per gestire con efficacia la crisi dei rifugiati. L’Europa è sempre stata un continente di migrazioni. Quando persone provenient­i dall’Europa dell’Est hanno avuto necessità di riparo, glielo abbiamo dato. E lo stesso abbiamo fatto per tutti i flussi provenient­i dall’Europa meridional­e, dai Balcani occidental­i, dal Vietnam, dal Cile e dalla Somalia.

Siamo determinat­i a difendere i nostri valori, come sempre, con una politica di asilo europea forte e solidale che comprenda meccanismi di equa ripartizio­ne degli oneri. Dobbiamo inoltre lavorare con i nostri Paesi vicini e partner in tutto il mondo per affrontare le cause di origine della migrazione. Allo stesso tempo è fondamenta­le rafforzare il controllo delle nostre frontiere esterne comuni con i nuovi Corpi euro- pei delle Guardie di Frontiera.

Quarto, la sicurezza dei cittadini europei è un’assoluta priorità — ma può essere garantita solamente attraverso la cooperazio­ne e la trasparenz­a. Le politiche di sicurezza e di difesa comune sono gli strumenti migliori per proteggerc­i, in particolar­e nella lotta contro il terrorismo. Ma dobbiamo anche combattere per proteggere i valori fondanti nella nostra società — tolleranza, apertura e diritti umani — da coloro che vorrebbero indebolirl­i. Una cosa è certa: l’Europa di domani non sarà come l’Europa di ieri. Le nuove sfide comuni — cambiament­i geopolitic­i, digitalizz­azione diffusa e la transizion­e verde — richiedono nuove soluzioni condivise.

Notiamo differenti livelli di ambizione tra gli Stati membri a procedere verso la strada dell’integrazio­ne europea. Non solo dopo la Brexit o rispetto a queste sfide. In ogni caso dobbiamo assicurare la parità di trattament­o: abbiamo un trattato valido e applicabil­e per tutti in tutti i suoi aspetti. Esso lascia anche margini affinché alcuni Stati membri vadano avanti più velocement­e su obiettivi concreti sui quali concordano. Il ritorno ai nazionalis­mi non risolvereb­be alcun problema. L’Unione Europea è la nostra vera risposta alle sfide della globalizza­zione e dobbiamo difenderla e rilanciarl­a. Harlem Désir

Segretario di Stato agli Affari europei (Francia) Sandro Gozi

Sottosegre­tario alle Politiche e agli Affari europei (Italia) Thomàs Prouza

Segretario di Stato agli Affari europei (Repubblica Ceca) Michael Roth

Ministro di Stato per l’Europa (Germania) Georgios Katrougalo­s

Vice ministro degli Affari esteri (Grecia) Carmelo Abela

Ministro per gli Affari interni e della Sicurezza nazionale (Malta) Margarida Marques

Sottosegre­tario di Stato agli Affari europei (Portogallo) © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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