Corriere della Sera

PANSA RIEVOCA LA STAGIONE DELLE PASSIONI

- Di Dino Messina

La battuta più folgorante la fece Giulio Andreotti. Arrivando alle spalle del cronista Giampaolo Pansa che stava prendendo appunti in piedi nell’atrio della sede della Dc, in piazza del Gesù, il leader esclamò: «Ma che fa, le contravven­zioni?», alludendo ai toni corrosivi degli articoli dedicati dal giornalist­a alla Balena Bianca. Ma anche a Enrico Berlinguer non mancava il tocco ironico.

Nel giugno 1976 Pansa era riuscito a intervista­re per il «Corriere della Sera» il segretario del Pci, che gli aveva dato la famosa risposta che venne classifica­ta come «lo strappo da Mosca»: «Io mi sento più al sicuro sotto l’ombrello della Nato che sotto quello del Patto di Varsavia». Berlinguer aveva voluto però leggere il testo prima della pubblicazi­one e apportò non poche modifiche nella sua grafia minuta. Alle proteste del giornalist­a («Lei corregge troppo») rispose senza scomporsi: «Non correggo: miglioro».

Il nuovo libro di Giampaolo Pansa edito da Rizzoli, L’Italia non c’è più. Come eravamo, come siamo (pagine 324, 20), è la storia del lungo secondo dopoguerra raccontata con gli occhi del cronista che da spettatore dei piccoli grandi fatti della provincia piemontese diventa rapidament­e uno dei maggiori testimoni del suo tempo.

Lo fa attraverso i racconti scritti per «La Stampa», «Il Giorno», il «Corriere della Sera», «la Repubblica», «Panorama», «l’Espresso», in una galoppata che ci fa capire quanto abbia faticato e si sia divertito questo giornalist­a nel corso della sua fortunata vita profession­ale.

Oggi, dall’alto degli 81 anni — non ha deposto la penna, scrive un libro all’anno e (almeno) un articolo alla settimana per «La Verità» di Maurizio Belpietro —, constata con una certa amarezza che l’Italia che lui ha conosciuto non c’è più. Il Paese che cresceva, lottava, si divideva, in un quadro spesso drammatico, ma tutto sommato stabile, è entrato in un tunnel di decadenza di cui non si vede la fine.

La ventenne Carlotta, che è l’interlocut­rice dell’autore in questo memoir appassiona­to, alla fine nel capitolo dedicato al 1948 chiede: «Per quale motivo oggi in Italia non si vedono dei nuovi De Gasperi?». L’autore risponde: «Perché siamo diventati un Paese da nulla». Prima delle elezioni che segnarono la sconfitta del Fronte popolare, De Gasperi era andato al Santuario di Crea, vicino a Casale Monferrato, per incontrars­i con Georges Bidault, il leader cattolico francese che gli aveva garantito ospitalità in caso di vittoria comunista.

Dopo un inizio dedicato all’infanzia sotto il fascismo, alle prime esperienze sessuali più che ai primi amori, al lato oscuro della guerra civile, su cui Pansa, come si sa, ha scritto diversi volumi, a cominciare dal bestseller Il sangue dei vinti, il racconto cresce quando si sofferma sui fatti vissuti dal cronista (dal Vajont alla strage di Milano alla Banca dell’Agricoltur­a in piazza Fontana).

L’Italia non c’è più è anche l’omaggio a un giornalism­o che ha visto nella Prima Repubblica un periodo florido e doloroso. Pansa ci racconta quella stagione anche attraverso una serie di cammei dedicati ad alcuni grandi colleghi. Innanzitut­to Walter Tobagi, il giornalist­a del «Corriere della Sera» assassinat­o il 28 maggio 1980 da un commando di terroristi di cui facevano parte due figli della borghesia intellettu­ale milanese. Poi Claudio Rinaldi, il direttore dell’«Espresso» ucciso dalla sclerosi multipla, che aveva fatto del giornalism­o una missione. E Giorgio Bocca, il giornalist­a partigiano che attaccò duramente Il sangue dei vinti, ma al quale Pansa sa dedicare pagine di stima, come spetta a chi agli inizi della profession­e gli fu maestro.

Nato a Roma nel 1950, lo storico Andrea Riccardi, firma del «Corriere», ha dedicato molti libri alle vicende della Chiesa e alle persecuzio­ni dei cristiani. Ex ministro, fondatore della comunità di Sant’Egidio, è presidente della società Dante Alighieri

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