In bicicletta con i fratelli «rossi» «Welfare fallito, cresce il jihad»
Peter e l’ex sindaco Adri Duivesteijn tra gli immigrati (e i poveri) dell’Aia
dal nostro inviato
I figli del vecchio calzolaio comunista Martin Duivesteijn sono un’istituzione a Schilderswijk, il quartiere più malfamato dell’Aia. Due hanno costruito il «museo del popolo» che oggi è diventato il centro sociale Vaillant. Un terzo ha fondato un foglio di lotte sindacali ormai chiuso. Il quarto compare su un murale che è una ricostruzione dissacrante del Quarto stato. Il quinto con chiatte o biciclette mostra ai turisti l’altra faccia dell’Aia.
«Mi spiace ammetterlo, ma questo è sempre stato un ghetto. Prima della guerra c’erano gli ebrei poveri, poi sono arrivati i contadini inurbati, quindi gli immigrati italiani, alla fine degli anni 70 c’erano più topi che persone — racconta Peter Duivesteijn, uno degli otto figli del ciabattino rosso —. La colpa è del terreno “veen”, marcio, malsano. Così chi arriva, comincia sempre da qui, ma appena può se ne va in un posto migliore».
È stato più o meno quando Johan Cruijff cominciava ad allenare l’Ajax, i giocattoli diventavano made in China e sull’orizzonte politico europeo splendeva ancora la stella dello Stato sociale, è stato allora che è entrato in scena Adri, il sesto dei Duivesteijn. Il più politico della famiglia, deputato, senatore e soprattutto sindaco dell’Aia. Rosso, anche lui, solo un po’ stinto in linea con i tempi, non comunista, ma laburista, comunque convinto di poter cambiare il mondo.
«Il nostro è stato un modello di riqualificazione urbana — gonfia il petto l’ormai padre nobile dei bei tempi andati dell’onnipotenza del Welfare —. Parlavamo di una rigenerazione architettonica capace di attivare la rigenerazione sociale. L’urbanistica come scienza politica. Quello che ho costruito è ancora lì, intatto. I parchi giochi, i centri di aggregazione, gli asili, le scuole. Schilderswijk L’ex quartiere operaio ristrutturato negli anni 80 dall’architetto Alvaro Siza Stazione Centrale
L’AIA Centro
Schilderswijk è un quartiere che può far invidia alla maggior parte delle città del mondo». Eppure oggi il «loro» quartiere, in cui sono nati e per il quale, in modo diverso, quasi tutti i figli del calzolaio hanno lavorato, è diventato il jihad-wijk, il quartiere della guerra santa.
Nel 2012 ci sono stati i primi cortei con le bandiere nere. Da qui sono partiti per combattere con lo Stato islamico almeno una dozzina di foreign fighters e un predicatore siriano è stato individuato a reclutare adepti. Le donne sono tutte velate anche se girano in bicicletta. Il 95% dei 50 mila abitanti dell’ex quartiere laboratorio socialdemocratico sono stranieri, soprattutto islamici. I balconi che avrebbero dovuto ospitare gli orti metropolitani sono affollati di antenne paraboliche per vedere Al Jazeera e le altre tv dei Paesi d’origine. Quartiere operaio Murales a Schilderswijk