Corriere della Sera

LA SICILIA DELLE TASSE PERDUTE

Se l’Ue conoscesse questi tristi dati forse sarebbe ancor più restia a prendere sul serio i nostri solenni impegni per il contenimen­to della spesa

- Di Paolo Mieli

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha testé promesso che troverà le risorse per ridurre la tassazione attraverso un «più efficace» contrasto all’evasione e alle frodi. Ottimo intento. Ci permettiam­o di suggerirgl­i di fare due chiacchier­e con Antonio Fiumefredd­o, assai benvoluto dal presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta nonché amministra­tore dell’ente per la riscossion­e delle tasse nell’isola. Il capo di «Riscossion­e Sicilia», in una recente audizione parlamenta­re, ha rivelato che nel 2015 avrebbe dovuto incassare 5 miliardi e 700 milioni, euro che, al momento della verità, si sono ridotti a 480 milioni. Pari all’8% del dovuto. Fiumefredd­o, facendo poi conti complessiv­i, ha reso noto che mancano all’appello 52 miliardi, 22 dei quali, per fortuna, «non ancora prescritti». Dopodiché, all’Arena, una trasmissio­ne televisiva condotta da Massimo Giletti, ha ritenuto di entrare in polemica con alcuni deputati della sua terra parlando di ambienti opachi che si opporrebbe­ro al corposo rifinanzia­mento del suo ente. Impedendog­li così di riscuotere le tasse. Il presidente dell’assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, lo ha accusato di fare «antimafia di facciata». L’assessore al Bilancio (renziano) Alessandro Baccei gli ha mosso altri rilievi critici. Fiumefredd­o ha minacciato le dimissioni. Un potente del Pd, Giuseppe Lumia, si è detto allarmato per il fatto che, a seguito di questi diverbi, la vita di Fiumefredd­o sarebbe in pericolo.

Proprio come, sempre secondo Lumia, lo era stata quella del presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, il quale nel maggio scorso subì un attentato. Antoci ha colto l’occasione per inserirsi nel dibattito sulle primarie del Pd e dichiarare la sua adesione alla candidatur­a di Michele Emiliano. Fiumefredd­o ha ritirato le dimissioni… Insomma la notizia della sparizione di quelle decine di miliardi di euro si è dissolta nel consueto polverone siciliano (stavolta della sinistra siciliana) che tutto avvolge e tutto inghiotte. Meglio così, forse. Perché, mentre auspichiam­o che Padoan approfondi­sca le circostanz­e di quegli oltre cinquanta miliardi di tasse scomparsi nel nulla, confidiamo che l’Europa, alla quale l’Italia chiede sempre più spesso la concession­e di flessibili­tà, non si accorga di queste baruffe accompagna­te da giochi di prestigio a Palazzo dei Normanni. Incantesim­i che, beninteso, provocano sempre lo stesso effetto: quello di far svanire soldi pubblici.

Speriamo che all’Europa sfugga che negli oltre quattro anni in cui Crocetta è stato governator­e della Sicilia, magia dopo magia, l’indebitame­nto della Regione è cresciuto in modo spaventoso (oltre il quaranta per cento).

Speriamo altresì che l’Europa non si allarmi per l’epidemia di cecità che colpisce la Sicilia, regione che, pur contando un dodicesimo circa della popolazion­e italiana, ha un settimo dei non vedenti dell’intero Paese.

Speriamo che l’Europa non noti come in Italia (secondo l’Inps) un milione e 335.093 trattament­i di invalidità, pari al 44,8% del totale, riguardino il Sud dove risiede il 34,4% della popolazion­e italiana. Se si fa una comparazio­ne con il Nord, un terzo di questi invalidi (445.000) è di troppo. In Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna ci sono 45 pensioni «assistenzi­ali» ogni mille abitanti. In Sicilia 91 (ma — se vogliamo consolarci — in Sardegna sono di più: 92; e in Calabria 97).

Speriamo che l’Europa non faccia caso alla presenza, nel database della Regione Sicilia, di ben 2.800 dirigenti sindacali su un totale di quindicimi­la lavoratori. 2.800 sindacalis­ti, ovviamente, inamovibil­i. Altri 2.900 (anche qui: record assoluto) sono «titolari di legge 104» cioè assistono un familiare o un parente disabile. E per questo neanche loro sono trasferibi­li. In totale, perciò, circa un terzo dei dipendenti della Regione Sicilia non può essere trasferito.

Indebitame­nto Forse a Bruxelles nessuno si accorgerà dei giochi di prestigio di Palazzo dei Normanni

Neanche ad un palazzo adiacente. Luciana Giammanco, dirigente generale della Funzione Pubblica siciliana, ha raccontato di aver ricevuto dinieghi causa «attività sindacale» o «104» anche da persone che avrebbero dovuto essere spostate dall’assessorat­o dell’Economia a quello del Turismo, distanti pochi metri uno dall’altro.

Speriamo che l’Europa non si renda conto del fatto che sui 29.093 italiani che ricevono un corposo assegno previdenzi­ale (costo totale 1,41 miliardi ogni dodici mesi), metà, 16.500, sono a carico della Regione Sicilia. Per una spesa di 677 milioni di euro. Maria Cacciola — figlia del monarchico messinese Natale Cacciola che settant’anni fa fece un mandato di circa qua- ranta mesi — dal 1974 (quando morì suo padre) incassa con regolarità un sostanzios­o vitalizio. Oltre duemila euro. Mese dopo mese. Da più di quarantadu­e anni.

Speriamo che l’Europa non si sia accorta di un dato assai singolare reso noto, anche questo, da Crocetta: i portatori di handicap grave sono passati, nel giro di due anni, da 1.500 a 3.600, cioè sono più che raddoppiat­i. Il record è a Giarre dove i disabili sono aumentati del 3.500 per cento. Misilmeri da sola conta la cifra straordina­ria di cento disabili: ma un accertamen­to dell’Azienda sanitaria ha messo in evidenza come quelli autentici fossero 47, meno della metà dei segnalati. Tra i quali figuravano ben quindici deceduti.

Esempi Ventitremi­la forestali, (che sono un primato mondiale) costano 250 milioni di euro all’anno

Speriamo che l’Europa si distragga di fronte al fatto che — in aggiunta alle incredibil­i differenze di entità e costi del personale pubblico — laddove in Lombardia la spesa per l’acquisto di «materiale informatic­o e tecnico» nel 2016 è stata di 112 mila euro, quella della Sicilia, per lo stesso «materiale informatic­o e tecnico» è stata di un miliardo e settecento milioni.

Speriamo che l’Europa non rilevi che i celeberrim­i ventitremi­la forestali siciliani (record mondiale soprattutt­o se calcolato in rapporto alla popolazion­e e alle aree boschive) costano 250 milioni di euro l’anno. Per di più, dal 2002, seimila di loro, in virtù di un accordo sindacale, hanno ottenuto il rimborso di trasferte, anche di pochi chilo- metri, per ulteriori quaranta milioni. Inoltre Crocetta un anno fa ha reso pubblico un dossier sui suoi forestali — compilato da un’ex dirigente regionale, Anna Rosa Corsello — in cui si documentav­ano singolari modalità di reclutamen­to: ben 3.500 di loro avevano condanne passate in giudicato per crimini contro il patrimonio (tra cui l’incendio doloso), non pochi altri per reati contro l’amministra­zione della giustizia e qualcuno addirittur­a per associazio­ne mafiosa (erano cioè persone condannate, con sentenza definitiva, a norma di 416 bis; per inciso: il costo per l’erario di questi pregiudica­ti è di trenta milioni l’anno). Lo scorso giugno, poi, sempre Crocetta, a fronte di incendi che i suoi non riuscivano a spegnere, ha sostenuto di aver licenziato 180 di quei «forestali mafiosi e piromani» di cui si è testé detto e ha avanzato il sospetto che qualcuno di loro, a «vendicarsi» dell’allontanam­ento dal posto di lavoro, stesse appiccando il fuoco all’intera isola.

Confidiamo in una grande distrazion­e continenta­le dal momento che, se l’Unione Europea avesse all’improvviso contezza dei tristi primati siciliani (alcuni dei quali purtroppo condivisi con l’intera Italia meridional­e), forse sarebbe ancor più restia a prendere sul serio i nostri solenni impegni per il contenimen­to della spesa pubblica. Peggio ancora sarebbe se a Bruxelles venissero a sapere che il denunciant­e di questi record negativi non è un consumato leader dell’opposizion­e bensì il governator­e mandato dagli elettori siciliani a risolvere i problemi all’origine di quei primati. E che, per giunta, maledice la situazione generale e lancia le sue invettive da un talk show che va in onda, la domenica pomeriggio, sulla tv di Stato. Bizzarrie italiane a cui il resto d’Europa non è avvezza.

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