Corriere della Sera

«Le pressioni sulla Chiesa»

Il vescovo di Locri: le procession­i sono svuotate di contenuti religiosi

- di Andrea Pasqualett­o

Monsignor Francesco Oliva, lei è il vescovo nella Locride, terra di ‘ndrangheta. Cosa pensa del forte monito lanciato dal presidente Sergio Mattarella per la lotta alla criminalit­à organizzat­a?

«L’intervento mi è piaciuto molto. È stato determinat­o, chiaro e di ferma condanna delle mafie in tutte le loro espression­i. Molto incoraggia­nte per chi opera in territori compromess­i dall’azione pervasiva e violenta della ‘ndrangheta».

Paludi di inefficien­za, clientelis­mi, favoritism­i, corruzione, mancanza di fedeltà nei livelli politico-amministra­tivi. Un quadro terribile. Anche lei parla di arroganza mafiosa. Ne ha una conoscenza diretta?

«L’arroganza si coglie in ripetuti comportame­nti di chi si pone al di sopra della legge. Il mafioso pensa di poter sottoporre tutti alle sue dipendenze. Corrompe toccando vari livelli dell’amministra­zione pubblica e trova nella burocrazia un’alleata insuperabi­le. Soprattutt­o nei settori dove covano i maggiori interessi sul piano economico: appalti, concession­i, lavori pubblici e così via».

Manca lo Stato?

«Credo possa fare molto di più. Non basta la sola azione repressiva delle forze dell’ordine e della magistratu­ra. Anche se si uccide di meno, è ancora tanta la criminalit­à a diversi livelli che, ripeto, trova la sua linfa nella corruzione. C’è sottesa una mentalità mafiosa che non è facile sradicare senza un’azione sinergica a livello formativo e culturale». Quali sono gli effetti sulla vita della gente?

«La malavita impedisce la crescita della comunità e lo sviluppo vero del territorio». Cosa significa fare il vescovo nella Locride?

«Non mi sento al fronte. Ma so che se non colgo le istanze della gente e soprattutt­o dei più fragili e indifesi non vado lontano. Importante è mettersi in ascolto denunciand­o le ingiustizi­e che affliggono questo territorio abbandonat­o a se stesso».

Lei percepisce la mentalità mafiosa nella sua attività pastorale?

«La percepisco eccome! Condiziona molto l’esercizio del ministero sacro». In che modo?

«La ‘ndragheta vuol far sentire il proprio potere in campo religioso». Un esempio?

«Manifestaz­ioni come le procession­i sono ormai svuotate di contenuti religiosi. Noi vietiamo la raccolta di denaro ma qualcuno pretende che si faccia. Perché deve poi investirlo in vari business che non c’entrano alcunché con le iniziative caritatevo­li. È tutto bloccato da vecchie, anacronist­iche tradizioni che alimentano il malaffare. E questo è solo un esempio».

Perché non si riesce a liberare il territorio?

«Le mafie hanno troppi interessi e ramificazi­oni. Sono pervasive e toccano ampie fette della società. Al punto da essere difficili da scardinare».

Ci sono medici, avvocati, imprendito­ri, commercian­ti, giornalist­i, preti che hanno rifiutato l’omertà e per questo sono stati uccisi. Non crede che potrebbero essercene sempre di meno disposti a denunciare se viene a mancare una risposta concreta?

«Lo Stato si faccia sentire e tuteli sempre di più coloro che hanno il coraggio di reagire. Ma tutto si complica senza una formazione culturale di lungo periodo».

Le istituzion­i Lo Stato deve fare di più a livello formativo e culturale, non solo con giudici e forze dell’ordine

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L’abbraccio Il presidente Sergio Mattarella ieri a Locri con la familiare di una delle vittime di mafia (Ansa)

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