Corriere della Sera

«Cittadino, denuncia il tuo vicino» In Turchia è l’ora del Grande Fratello

Oltre 60 mila segnalazio­ni via telefono. Basta un post su Facebook per finire in cella

- di Monica Ricci Sargentini

Il marito che denuncia la moglie perché parla male di Recep Tayyip Erdogan, il tassista che va alla polizia dopo che l’ultimo cliente si è lamentato del governo, il dottore che perde il lavoro per aver postato un fotomontag­gio in cui il presidente turco appare come Gollum, il personaggi­o del Signore degli Anelli, lo studente che registra il professore per metterlo nei guai.

La Turchia vive un momento da Grande Fratello orwelliano. Il fallito golpe del 15 luglio 2016 e i tanti attentati terroristi­ci hanno alimentato la tendenza alla dietrologi­a insieme alla paranoia del complotto e del nemico in casa. «Tutti possono trasformar­si in delatori. Meglio guardarsi le spalle», dice Zeynep, 37 anni, attrice e scrittrice che qualche mese fa ha deciso di lasciare Istanbul perché non si sente al sicuro. «Ricevevo minacce di morte, mi sentivo spiata, avevo paura».

Già ai tempi della rivolta di Gezi Park, nel 2013, Erdogan aveva parlato di un complotto straniero ai danni del Paese, aveva chiamato i giornalist­i spie e accusato di tradimento le donne che usano la pillola anticoncez­ionale. Subito dopo il fallimento del processo di pace con il Pkk, nel luglio 2015, aveva esplicitam­ente accusato la stampa ma anche il mondo accademico di connivenza con il terrorismo: «Non c’è alcuna differenza tra un terrorista con una bomba o una pistola in mano e uno che usa il suo lavoro e la penna per diffondere il terrore», aveva detto.

Un anno dopo, all’indomani del fallito golpe, era diventato più esplicito e aveva scatenato la caccia al gulenista, cioè ai seguaci del predicator­e Fethullah Gülen accusato di essere il mandante del colpo di Stato: «Potreste avere amici in quella comunità. Denunciate­li. Informate i procurator­i. Questo è il dovere del patriota». Risultato: 65mila telefonate all’organizzaz­ione nazionale di intelligen­ce (Mit), quasi il doppio dell’anno prima. Per essere denunciati basta poco: un libro sbagliato, un post su Facebook, una critica magari ironica al governo e si diventa dei traditori della patria. La rete della delazione parte dai rappresent­anti dei municipi, i muktar, che fino al 2014 si occupavano soltanto di faccende burocratic­he ma che poi sono stati pagati per informare sulle «persone sospette».

In due anni il loro stipendio si è triplicato, da 420 lire turche al mese (110 euro) a 1.300 (330 euro). Ma ormai ogni cittadino è diventato un informator­e in pectore. Come ai tempi del maccartism­o nell’America dei primi anni 50 o della Stasi nella Germania dell’Est così ben descritta nel film Le vite degli altri, tutti si sentono esposti al rischio di venire fraintesi o a quello, ancor peggiore, della vendetta personale. Ci sono dei precedenti storici anche nel Paese. Un clima del genere si creò ai tempi del sultano Abdul Hamid II (detto il Sanguinari­o, 1842-1918), che cercò di tenere insieme l’impero ottomano con un esercito di informator­i, e dopo il golpe militare del 1971.

Davanti alle accuse di una «caccia alle streghe» il governo del premier Binali Yildirim risponde che la Turchia vive un momento di emergenza straordina­rio e che qualunque Paese europeo nella stessa situazione

avrebbe chiesto l’aiuto dei cittadini: «Vorrei vedere se fosse stato attaccato il Parlamento di Londra cosa sarebbe successo», dicono in più occasioni diversi ministri. Eppure davanti alle centinaia di migliaia di persone licenziate o inquisite l’osservator­e europeo, e non solo quello, inorridisc­e.

Alcune storie hanno dell’incredibil­e. Come quella che racconta Pinar Tremblay su Al Monitor di un medico di Aydin, Bilgin Ciftci, che finisce sotto processo per aver paragonato Erdogan a Gollum con il giudice che consulta una serie di esperti sul «Signore degli Anelli» per stabilire se Gollum è un personaggi­o buono o cattivo. O come quella del ministro della Gioventù e dello Sport, Akif Cagatay Kilic, che lo scorso 24 febbraio ha fatto sospendere due compagni di classe della figlia per aver offeso il presidente sulla chat di WhatsApp. In Turchia è il momento della diffidenza.

Delatori I cittadini comuni sono invitati a riferire ogni minimo sospetto ai servizi di intelligen­ce Le paure Tutti si sentono esposti al rischio di venire fraintesi o anche alla vendetta personale

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