Corriere della Sera

L’avanzata

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Il minareto della moschea più famosa dell’Iraq è avvolto dal fumo degli scoppi. Le brigate scelte dell’esercito iracheno, coperte nel cielo dai loro elicotteri e dai raid dell’aviazione americana, sono scese da cingolati e carri armati per procedere appiedate verso il dedalo di vicoli stretti nel cuore della cittadella medioevale. Il loro obbiettivo è adesso la moschea Al Nuri, dove all’inizio del luglio 2014 Abu Bakr al Baghdadi si auto-proclamò «Califfo» a guida dell’entità territoria­le appena allargata dai militanti di Isis dalla sua capitale Raqqa in Siria a Mosul, la seconda città dell’Iraq. Sono a poche centinaia di metri. Ovvio che la presa della Al-Nuri rappresent­erebbe un colpo morale gravissimo per il capo dell’Isis, dato per braccato nelle zone desertiche a ovest di Mosul.

Si spiega così l’importanza della battaglia. I jihadisti combattono come hanno sempre fatto: i loro cecchini sparano da postazioni ben mimetizzat­e, si muovono veloci nella ragnatela di tunnel e buchi scavati con perizia, piazzano mine ed esplosivi di ogni tipo. E quando sono messi con le spalle al muro lanciano micidiali auto-bombe. È la strategia che utilizzano sin da quando nell’ottobre scorso iniziò la guerra per Mosul. Ai primi di gennaio le truppe irachene assieme alle milizie curde hanno liberato i quartieri a est del fiume Tigri. Adesso sembra stiano per cadere anche quelli occidental­i. I raid Usa nelle ultime ore si sono intensific­ati. Pare abbiano appena ucciso sei leader stranieri Ancora 600 mila civili in città I miliziani dell’Isis sono circa 2.000 Il loro capo sarebbe braccato dall’esercito iracheno e dai raid Usa dell’Isis: il russo Abdul Kereem, capo della brigata Tareq Bin Ziyad, oltre a un angloalger­ino, un franco-siriano, un turco e due marocchini. Ma secondo i comandi Usa sarebbero ancora almeno 2.000 i jihadisti accerchiat­i in città. A farne le spese sono gli abitanti, sempre più vittime degli scontri. È stimato che circa 600.000 siano ancora nelle zone dei combattime­nti, mentre solo 250.000 sono sfollati.

E ciò spiega la cautela dei portavoce militari americani, che pur sottolinea­ndo le vittorie ribadiscon­o che la battaglia è destinata a protrarsi. I leader iracheni si mostrano invece più ottimisti. Ieri il comandante delle forze di polizia, generale Khalid al Obeidi, ha infatti ribadito che «la resistenza dei terroristi dell’Isis si sta indebolend­o». Lo proverebbe il fatto che tendono ad utilizzare più massicciam­ente le auto kamikaze.

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