Un danno per la mia impresa
Ho una micro impresa che conduco nel modo più regolare e professionale possibile: la notte voglio dormire. Il mio prodotto ha una forte stagionalità perciò da maggio ad agosto lavoro sette giorni su sette. Gli straordinari del sabato ai dipendenti sono pagati in busta. Per la domenica chiedevo la collaborazione di un operaio pensionato che conosco da una vita: a lui fa comodo perché con la pensione da operaio si fa fatica ad arrivare a fine mese. Naturalmente anche per lui facevo le cose in regola: acquistavo voucher coi quali gli pagavo 15 euro l'ora netti e lo assicuravo. Bene, da domani comincerò a cercar di fare del nero per pagare in nero questo collaboratore il quale lavorerà senza assicurazione (lui ha bisogno di farlo e a me va bene come lavora e non ci sono pericoli). Michi Roscio
Brescia
FIGLI DI ERDOGAN
Il futuro della Turchia e dell’Occidente Il presidente Erdogan ha rivolto un appello ai cittadini turchi che vivono nel Vecchio Continente: «Fate non tre, ma cinque figli, perché voi siete il futuro dell’Europa». Se questo auspicio andasse in porto, considerato il modestissimo incremento delle nascite in diverse nazioni, l’Europa, fra tre o quattro generazioni, potrebbe in effetti ospitare un solo popolo, magari coeso.
Carlo Radollovich
VULCANI
E se eruttasse il Vesuvio? Si è verificata una eruzione sull’Etna. Molto spavento, ma i danni per fortuna sono stati assai limitati. Una riflessione è però d’obbligo: se fosse accaduta una eruzione del Vesuvio, cosa che purtroppo prima o poi potrebbe verificarsi, ci domandiamo quali potrebbero essere le conseguenze di un simile accadimento in considerazione della enorme moltitudine di persone e di immobili esistenti nella zona vicina al vulcano campano. Nicodemo Settembrini
Arezzo Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579
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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere
Caro direttore,
che io sappia i politici sono eletti da noi, popolo, perché ci rappresentino e prendano decisioni affinché si possa continuare a vivere una vita ordinata e con i necessari servizi. C’è un però: se il popolo viene continuamente chiamato a decidere tramite referendum (ultima la proposta di chiedere ai romani se mantenere l’Atac o passare la gestione a privati) mi chiedo quale funzione hanno i politici che siedono a Montecitorio, Palazzo Madama, Parlamenti regionali, Parlamento europeo, ecc. Forse ne basterebbero meno di un quinto per redigere i testi di tutti questi referendum e noi, popolo, esprimeremmo la nostra volontà in modo diretto e senza il «non-intervento» dei nostri indecisi rappresentanti. In fondo non è quello che vuole questa classe politica: non essere ritenuta responsabile di alcuna decisione? Milano
Gentile signora Perelli,
Personalmente sono sempre stato favorevole ai referendum che chiamavano i cittadini a esprimersi su grandi questioni, in particolare sui diritti civili. I Radicali, in questo senso, sono stati un’utile avanguardia. Alcuni referendum, come quelli sul divorzio e la legge elettorale, hanno rappresentato un cambio di stagione importante nella nostra storia.
Ma anche il più tradizionale dei referendum, quello abrogativo, è stato utilizzato in eccesso e spesso a sproposito, con quesiti tecnici, astrusi e lunghissimi. Nessuno si stupisce più se il quorum non viene raggiunto. Dovremmo tutti avere una laurea in legge per capirci qualcosa.
Già sovraccarichi di referendum abrogativi abbiamo dovuto assistere a un crescendo di quesiti consultivi lanciati da Regioni e Enti locali sulle materie, come lei racconta, più varie. È scattata così una grande La questione della privacy nella ricerca Giuseppe Remuzzi (Corriere, 15 marzo) afferma che la privacy costituirebbe un ostacolo allo sviluppo della medicina di precisione. Mi stupisce come si possa riportare apoditticamente un tale pensiero senza peraltro un minimo di argomentazione o riscontro. Penso che la medicina di precisione rappresenti il miglior investimento per il futuro dell’umanità. E penso che coniugare libertà della ricerca scientifica, sviluppo delle conoscenze genetiche e pieno rispetto dei diritti delle persone sia non solo possibile, ma addirittura conveniente perché contribuisce a creare quel rapporto di fiducia tra pazienti e ricercatori indispensabile affinché le persone possano decidere serenamente di condividere con la comunità scientifica i propri dati sanitari, specie quelli genetici, che attengono alla sfera più intima della loro vita. Per questo spiace che in alcuni settori della ricerca medica e genetica prevalga la sensazione di trovarsi a confronto con fastidiose procedure burocratiche, anziché con un diritto fondamentale della persona, ampiamente riconosciuto e tutelato a livello internazionale. Abbassare la soglia di protezione di questi dati significa rendere vulnerabili le persone cui appartengono. Mi preoccupa che sia assente la percezione di come l’osservanza delle regole di confidenzialità e protezione delle informazioni raccolte a scopo di ricerca consenta agli fuga dalle responsabilità che un politico o un amministratore devono assumersi dopo aver chiesto il voto ai cittadini. Meglio non rischiare l’impopolarità, meglio coprirsi con le urne piuttosto che compiere le scelte dovute e chiedere agli italiani di giudicarle con le elezioni.
Sembra democrazia diretta, in realtà spesso è furbizia o campagna politica (un esempio recente è il referendum annunciato per l’autonomia del Veneto) mascherata da decisione legislativa. Insomma, più che giusto chiamare al referendum sui grandi temi ma per cortesia fate funzionare l’Atac (l’azienda di trasporto di Roma) invece di chiederci se la vogliamo pubblica o privata. Per questo abbiamo votato i nostri amministratori. Le lettere a Luciano Fontana vanno inviate a questo indirizzo di posta elettronica: scrivialdirettore@corriere.it