Wagner solenne tra le macerie di una cattedrale bombardata
in scena alla Scala, dove mancava da 27 anni, una sontuosa edizione dei Maestri cantori di Norimberga. La commedia wagneriana circola poco in Italia. È impegnativo produrla. E la durata (cinque ore e mezza con gli intervalli) scoraggia un certo pubblico.
Ma è un prodigio di bellezza e sapienza: un titolo diverso dagli altri di Wagner, che dietro la maschera di una vicenda leggera, erige un monumento alla cultura tedesca (Norimberga ne è un simbolo forte) e all’arte quale fattore identitario di un popolo. In questa sorta di trattato di estetica musicale emergono inoltre il ritratto di un personaggio meraviglioso (lo storico cantore Hans Sachs) e il sublime tema della rinuncia, che questi incarna e che Wagner tratteggia con una delicatezza e una profondità da far venire la pelle d’oca.
La grandezza dei Maestri cantori non si misura solo nella immensa vastità del loro profilo formale ma nella miriade di dettagli che lo impreziosiscono. In tal senso la presenza di Daniele Gatti sul podio è una garanzia. Conosce come pochi questo vocabolario e lo interpreta con una cura e un amore preziosi. Il passo è magniloquente e solenne ma il suono è cameristico, svela le infinite risorse del magistrale contrappunto wagneriano, grazie anche a un’orchestra e a un coro duttili come meglio non si riesce a desiderare.
Come sempre, il Coro, che qui ha un peso non indifferente, è ottimamente istruito da Bruno Casoni. A ciò si aggiunga che il cast ruota attorno a un Hans Sachs semplicemente stupendo, mai un accento fuori posto. È il baritono Michael Volle, mattatore sulla scena. Bene anche Markus Werba (il censore Beckmesser, che per una volta la regia non mette alla berlina), Albert Dohmen (Pogner), Peter Sonn (David), Anna Lapkovskaja (Magdalene) e Jacqueline Wagner, anche se quest’ultima è una Eva convincente nello stile ma un po’ leggerina. Manca invece all’appello il Walther di Michael Sul palco Da sinistra: Jacqueline Wagner, Michael Schade e Michael Volle Schade. Per ironia della sorte, sarebbe il vincitore della gara di canto… Non sta bene, perciò per le prossime recite è pronto a sostituirlo Erin Caves.
Da manuale lo spettacolo di Harry Kupfer. Racconta ogni dettaglio dell’azione con la naturalezza dei registi di rango. E l’ambienta tra le macerie di una cattedrale bombardata e i ponteggi della ricostruzione: un paesaggio «alla Friedrich» ma con precise geometrie «alla Dürer», desolazione e consapevolezza che la vita va oltre, sotto cieli plumbei e sfondi metropolitani che sono poesia pura. Il teatro non è pieno ma il successo è calorosissimo.