Corriere della Sera

Parisse si schiera con O’Shea «Non esistono alternativ­e il c.t. deve avere carta bianca»

Il capitano sottoscriv­e l’ultimatum alla federazion­e

- Flavio Vanetti Domenico Calcagno

nulla sarò il primo a dire: scusate, non ho capito niente. E mi farò da parte».

È un messaggio politico, un’adesione totale, un altro messaggio chiaro e forte alla federazion­e. E per l’uomo di Limerick avere al fianco il giocatore più importante del nostro rugby non è un dettaglio. A 33 anni, Parisse non ha nessuna voglia di mollare, di pensare al suo club, lo Stade Français (che non dovrebbe essere assorbito dal Racing), al suo futuro. «Mi sento responsabi­le di quello che fa la Nazionale e vorrei poter dire, quando storia: il 2 marzo 1996, a Narvik, in Norvegia, Deborah Compagnoni, Sabina Panzanini e Isolde Kostner occuparono i primi tre posti del gigante. È la tradizione che si aggiorna, nel segno di una nuova generazion­e ormai sdoganata e che vede la ventunenne Bassino premiata come «Young skier of the year», smetterò, di avere contribuit­o a cambiare le cose».

Due anni fa la Scozia stava dietro.

«Appunto: con tutto il rispetto, vi sembra possibile che un Paese come il nostro, con le nostre risorse, stia dietro alla Scozia? È chiaro che qualcosa non funziona».

Non è un semplice problema di giocatori?

«No, nessuno quando nasce sa fare le cose. Deve provare, sbagliare e imparare. Io ho avuto la fortuna di debuttare in azzurro a 18 anni, ho sbagliato molto ma ho imparato. Abbiamo ragazzi con grandi potenziali­tà, devono solo essere messi in condizione di lavorare come gli altri, di fare i profession­isti. Oggi non è possibile. Ma finché Zebre e Treviso non cominceran­no a vincere, la Nazionale andrà male. Bisogna investire sulle due franchigie perché il cambiament­o deve cominciare lì».

La federazion­e però ha anche

giovane sciatrice dell’anno. La gioia si è tradotta in un inno cantato a squarciago­la e in emozioni sincere. Federica: «È stato un finale incredibil­e, non sapevo che Sofia e Marta fossero prima e seconda. Ho tagliato il traguardo, ho visto la luce verde e ho esultato: ho lavorato molto per mantenere la forma e

problemi economici e infatti ha deciso di tagliare accademie e centri di formazione.

«Non è detto che sia un male. Quando un’azienda investe e non ha risultati cambia strategia. Razionaliz­zare può essere un bene e il sistema, com’era, era anche troppo chiuso. Un ragazzo deve sapere Abbraccio Goggia e Bassino corrono ad abbracciar­e Brignone: il podio è italiano (Epa) Battaglia aerea Sergio Parisse lotta per una rimessa laterale (Ap)

per non crollare». Sofia: «Potrei dire “We made America great again”! Abbiamo monopolizz­ato il podio ed è stato bello condivider­lo con le compagne. Rimpiango la prima manche, davvero brutta. Ma la caduta in superG mi ha sfasato, non sto benissimo. Nella seconda discesa ho gettato il cuore oltre l’ostacolo e poi sono andata a riprenderl­o. Questo deve essere il punto di partenza della prossima stagione. Sarà difficile confermars­i e partirò con attese e pressioni. Ma rimarrà la fame di risultati che ancora ho». Marta: «I risultati danno fiducia alla squadra e a me stessa: ricomincer­ò con l’idea di migliorare e di aumentare la poliedrici­tà».

Riassumiam­o. L’Italia femminile, che ha vinto la classifica delle Nazioni (1000 punti più dell’Austria), batte quella maschile 25-18 e 5-4 sul fronte delle vittorie, anche se gli uomini si rifanno grazie alla coppa di discesa rivinta da Peter Fill (che è pure il miglior azzurro, sesto, nella classifica assoluta dominata da Hirscher). Sofia Goggia arricchisc­e poi con il terzo posto generale, il secondo in discesa e il terzo in gigante un’annata eccellente. Sono numeri inimmagina­bili alla vigilia, posto che il precedente record (38) si legava a un’era di supercampi­oni. Ma questa è stata anche la stagione di un Mondiale molto, troppo al di sotto delle attese. Sono proprio le cifre record della Coppa a far scattare la domanda: come mai è stato possibile? La forza, da qui in poi, sarà scordare i 43 podi (e il secondo posto assoluto dopo l’Austria) per ragionare con durezza e cinismo su che cosa non ha funzionato a St. Moritz. Prima che i Giochi 2018 ci riservino la replica di una beffa amara. che, se ha voglia di lavorare duro, può arrivare in alto anche partendo da un piccolo club».

I giovani: molti arrivano all’under 20 e poi spariscono.

«Ed è sbagliato: chi ha fatto quel percorso deve avere la possibilit­à di giocare subito ad alto livello, con continuità».

Insomma, lei crede che non tutto sia perduto?

«Ne sono convinto. Ma a una condizione: fidarsi di O’Shea. Sono pronto a battermi per lui».

E ad andare oltre senza preoccupar­si delle critiche.

«Noi italiani critichiam­o tutto e tutti, a volte a ragione, più spesso a casaccio. Tutti parlano, ma nessuno fa niente. Poi, se per caso vinci una partita arrivano tutti a festeggiar­e. Ho detto che le critiche non mi interessan­o perché sono convinto che stiamo percorrend­o, con grande fatica, la strada giusta».

Quindi investimen­ti su Nazionale e franchigie, persone giuste al posto giusto e ancora pazienza.

«È difficile chiedere ai tifosi di avere ancora pazienza. Ma le cose non cambiano schioccand­o le dita. Lo ripeto: con O’Shea possiamo svoltare. So che non farò più in tempo a vincere. Ma se tra qualche anno, seduto sul divano, vedrò un’Italia vincente sarò felice e sentirò quei successi anche un po’ miei».

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