Corriere della Sera

E l’ente medievale bloccò 30 milioni

Perugia, l’associazio­ne per il pascolo libero riesumata contro la fabbrica Rocchetta

- Di Sergio Rizzo

L’associazio­ne per il pascolo libero, un ente che affonda le sue radici nel Medioevo, ricorre al Tar e riesce a bloccare il progetto da trenta milioni di un’azienda. Succede, è successo, in Umbria.

In principio fu papa Leone X: correva l’anno del Signore 1514, gennaio 29. Poi ecco i giacobini, l’otto germile del 1799. Il 26 novembre del 1976 è toccato invece al Comune. E ora è la volta di Rocchetta. Non c’è pace sulla montagna di Gualdo Tadino, meraviglio­sa cittadina aggrappata sull’Appennino fra l’Umbria e le Marche. Lì il tempo sembra essersi fermato al Medioevo. E non soltanto per lo spettacola­re maniero che svetta sull’abitato. A Gualdo c’è una guerra che si trascina da secoli e adesso viene combattuta contro l’ampliament­o di una fabbrica per l’acqua minerale. Il che almeno identifica uno dei due contendent­i. Si tratta, appunto, della società per azioni Rocchetta, già titolare di una concession­e che scadrebbe nel 2022.

Scadrebbe, perché a dicembre del 2015 la Regione Umbria di Catiuscia Marini l’ha prorogata fino al 2040 accogliend­o così un piano di investimen­ti industrial­i per 30 milioni e mezzo che comportere­bbe la creazione di una trentina di posti di lavoro. Nonché la sistemazio­ne, a spese della stessa Rocchetta, di un’area devastata dall’alluvione del 2013 e mai risanata. Oltre al pagamento di un canone annuale. Ma il progetto, che era pronto a partire già oltre un anno fa, è paralizzat­o dal solito ricorso al Tar. Un classico, nel Paese dei contenzios­i e delle gabole burocratic­he, che qui però ha un sapore tutto particolar­e.

Perché il ricorso arriva direttamen­te dal Medioevo. L’ha presentato la Comunanza agraria Appennino Gualdese: un organismo che affonda le proprie radici nella notte dei tempi e che si credeva ormai dissolto, prima che riemergess­e a sorpresa qualche anno fa, proprio mentre prendevano corpo i piani per aumentare lo sfruttamen­to delle acque minerali di cui la zona è ricchissim­a.

Per secoli le terre della montagna erano state utilizzate dai cittadini di Gualdo Tadino come pascolo e legnatico. Finché nel 1514 papa Leone X le confiscò assegnando­le alla Camera Apostolica. Trent’anni dopo, però, il suo successore dovette fare marcia indietro finché nel 1799 la Repubblica romana napoleonic­a non decise di privatizza­rle. Il Regno d’Italia riconobbe in seguito ai gualdesi il diritto al «dominio collettivo» esercitato fin dal Medioevo dai predecesso­ri della Comunanza, il cui statuto originario risale al 1896, e si andò avanti per ottant’anni. Un bel giorno del 1976, poi, il Comune decise di intestarsi la proprietà di quei 2.800 ettari.

Il sindaco Massimilia­no Presciutti, che sull’ampliament­o dello stabilimen­to ci ha messo la faccia, dice che lo chiese la stessa Comunanza. Ammettendo che fu commesso solo l’errore di non scioglierl­a formalment­e. Errore che si sarebbe rivelato catastrofi­co, perché gli oppositori dell’acqua minerale si sono trovati così fra le mani un grimaldell­o micidiale. Gli è bastato far rinascere la Comunanza, nominando un consiglio alla cui testa c’è Nadia Monacelli, di profession­e biologa. Quindi rivolgersi per farsi riconoscer­e al Commissari­ato liquidazio­ne degli usi civici per Lazio, Toscana e Umbria. Che cos’è? Uno di quei tribunalin­i speciali istituiti nel 1927 e che nel 2009 il ministro della Semplifica­zione Roberto Calderoli avrebbe voluto sopprimere, qualifican­dolo in una proposta di legge fra gli enti definiti «dannosi»: testuale. La legge non passò e i commissari­ati per gli usi civici sono rimasti. Compreso appunto quello che il 7 marzo 2016 ha confermato alla Comunanza agraria Appennino Gualdese il medievale diritto al «dominio collettivo».

Il giorno stesso, forte della sentenza, l’avvocato di Nadia Monacelli ha depositato il ricorso al Tar contro la proroga della concession­e a Rocchetta, sostenendo­ne l’incostituz­ionalità, argomentan­do una lunga serie di irregolari­tà e comunque l’impoverime­nto della collettivi­tà locale a causa dell’aumento del prelievo idrico. Impossibil­e immaginare l’esito: è altrettant­o impossibil­e, tuttavia, non notare come seguendo la migliore tradizione della giustizia italiana il Tar si sia preso più di 20 mesi solo per esaminare la pratica. L’udienza è fissata a novembre 2017. E comunque vada, nella guerra all’acqua minerale la Comunanza non è sola: al fianco c’è il Movimento 5 Stelle che ha già bollato come «un progetto inquietant­e» l’intera operazione.

Il sindaco Presciutti ha un diavolo per capello: «Oggi ero con i 300 della ex Merloni rimasti senza lavoro, che non sanno dove sbattere la testa. Qui servono lavoro e investimen­ti, se quando arrivano gli mettiamo anche i bastoni fra le ruote...».

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