Corriere della Sera

«Previsioni impossibil­i Adesso è a rischio l’unità del Regno»

La baronessa Prashar: i referendum non funzionano

- di Luigi Ippolito

Con un partito laburista in stato comatoso, la vera opposizion­e al governo di Theresa May e ai suoi piani per una «hard Brexit» la sta facendo la Camera dei Lord. E fra i Pari d’Inghilterr­a la baronessa Prashar, vicepresid­ente del British Council, siede nella commission­e per l’Unione Europea, dopo essere stata membro di quella che ha condotto l’inchiesta sulla guerra in Iraq.

Baronessa, siete voi Lord l’ultimo ostacolo che si frappone a una rottura netta fra Londra e la Ue?

«Non direi che stiamo diventando un ostacolo, stiamo provando piuttosto a giocare un ruolo costruttiv­o, mostrando quali sono le opportunit­à e le implicazio­ni della Brexit».

Che alcuni nel governo vorrebbero così radicale che viene paragonata a una caduta da un precipizio.

«Spero che non cadremo in questo precipizio. Non sarebbe di beneficio né per l’Europa né per noi trovarsi in quella posizione. Perciò è importante che il Parlamento abbia un ruolo nel vagliare ciò che avverrà e nel metterne in luce le conseguenz­e. Vogliamo sapere in che direzione stiamo andando».

Quindi continuere­te a fare le pulci al governo?

«È inevitabil­e, il nostro ruolo di Camera di revisione è di sottolinea­re le questioni che vanno sollevate. Sarebbe un tradimento del nostro dovere se non lo facessimo».

Eppure vi accusano di essere dei privilegia­ti non eletti che si mettono di traverso alla volontà del popolo.

«Siamo ben consapevol­i che non siamo eletti. Ma allo stesso tempo bisogna riconoscer­e che la Camera dei Lord è composta da persone con esperienza. Perciò possono lanciare slogan sulla Camera non eletta e la volontà del popolo, ma allo stesso tempo bisogna riconoscer­e che grazie alla nostra esperienza siamo in grado di portare alla luce le conseguenz­e della Brexit».

La Scozia ha appena votato per un nuovo referendum sull’indipenden­za. C’è davvero il rischio di disgregazi­one del Regno Unito?

«Sono molto nervosa. Certe cose prendono una loro dinamica. Molto dipenderà da che tipo di accordo verrà raggiunto con la Ue. Vorrei che il Regno Unito restasse assieme, ma è molto difficile fare previsioni. Chi avrebbe previsto la Brexit, d’altra parte? Non si può mai sapere».

Westminste­r è stata l’obiettivo di un attacco terroristi­co. E i movimenti populisti, dall’Europa all’America, puntano a screditare l’idea stessa di democrazia rappresent­ativa. Le istituzion­i parlamenta­ri sembrano essere sotto un tiro incrociato.

«Sarebbe un peccato se la democrazia parlamenta­re venisse messa in pericolo dai populisti. Questioni complesse richiedono consideraz­ione Le competenze È vero che non siamo eletti, ma per non finire nel precipizio servirà anche la nostra esperienza

adeguata. Le soluzioni populiste sono molto semplici e non affrontano le complessit­à. Il mondo sta diventando sempre più complesso e andremmo verso un mondo pericoloso se ci basassimo solo sulla retorica populista e non avessimo il livello di deliberazi­one che otteniamo tramite la democrazia rappresent­ativa. Non penso che i referendum siano un buon modo di affrontare questioni complesse: non possono essere risolte con risposte semplici, con un sì o un no».

Quindi anche quello sulla Brexit è stato un errore?

«Il referendum su una questione così complessa non è stata la cosa più saggia da fare. Ma riconosco che con l’avvento dei social media l’appello diretto al popolo da parte dei leader è diventata la norma. Il problema è come avere a che fare con quella tecnologia e farla lavorare assieme alla democrazia parlamenta­re. È questa la grande sfida».

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