Corriere della Sera

Bond sovrani per l’area dell’euro «Così rafforzere­mo le banche»

Verso una proposta a maggio della Commission­e Ue. Il ruolo della Bce e di Draghi

- di Federico Fubini

Lo studio Uno studio di fattibilit­à è già stato presentato a Francofort­e la scorsa settimana Sbs Gli Sbs (sovereign-backed securities) non sono eurobond ma hanno funzioni simili

Dopo l’armistizio del 1945 certi soldati giapponesi rimasero isolati nelle isole del Pacifico, convinti di dover continuare a combattere. Ignoravano che stava nascendo un nuovo ordine internazio­nale. Anche dopo la crisi dell’euro del 2010-2012 in Italia si continua a parlare di un’uscita dalla moneta unica, mentre in Grecia, Portogallo, Spagna o Irlanda si è smesso di farlo da un pezzo. Nei Paesi più colpiti dalla recessione di sei anni fa non si trova più un solo grande partito disposto a esercitars­i su ipotesi di referendum sull’euro o doppia circolazio­ne valutaria.

Al contrario: negli organismi europei e fra i Paesi dell’area si riflette sempre di più a rafforzare la moneta unica e

completare l’unione bancaria una volta per tutte. Restano naturalmen­te molti punti di disaccordo e i lavori in corso oggi servono soprattutt­o a preparare la fase che dovrebbe aprirsi verso la fine dell’anno: le elezioni in Francia e Germania possono produrre due nuovi governi decisi a mettere in sicurezza l’architettu­ra dell’euro. Più di qualunque altra, lo dimostra una proposta sui titoli di Stato e i bilanci bancari alla quale lavorano il Consiglio europeo sul rischio sistemico (Esrb), guidato dal presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, e la Commission­e Ue sotto la guida del vicepresid­ente Valdis Dombrovski­s. L’idea è semplice negli obiettivi, quanto complessa nella sua struttura: nuovi titoli europei che Dombrovski­s stesso definisce Sbs, «sovereign-backed securities», bond europei collateral­izzati da obbligazio­ni emesse dai governi.

Sul progetto è già partito a novembre scorso uno «studio di fattibilit­à», la cui prima bozza è stata presentata a Draghi e al Consiglio per il rischio sistemico a Francofort­e giovedì scorso. La proposta poi apparirà in maggio in un «documento di riflession­e» della Commission­e Ue sul futuro dell’euro. «Stiamo dando seguito al lavoro del Consiglio sul rischio sistemico sulla creazione di bond collateral­izzati da titoli di Stato — dice Dombrovski­s —. Vediamo un valore aggiunto nel cartolariz­zare i bond sovrani, creando un marchio europeo in modo che si possano produrre e vendere questi nuovi titoli». Draghi segue con la cautela necessaria a non far saltare il progetto, anche perché esso è in grado di spianare la strada a un accordo per un’assicurazi­one europea sui depositi bancari di tutti i Paesi dell’area.

Non sono in discussion­e dei veri e propri eurobond: non viene prevista alcuna responsabi­lità comune in Europa sul debito dei singoli Stati. Ma gli Sbs, nel loro disegno, svolgono molte delle funzioni degli eurobond. Offrono ai mercati uno strumento liquido, di dimensioni globali ed estremamen­te sicuro come i titoli del

Tesoro americano. Permettono alle banche europee di investire su di esso, invece di concentrar­e i rischi ciascuna nei bond sovrani del proprio Paese; e quando s’innesca una crisi sono in grado di limitare la fuga di capitali da Paesi fragili come l’Italia verso quelli solidi come la Germania, contenendo così gli spread fra i bond sovrani del Nord e del Sud Europa.

Il progetto nasce nel 2011 in un gruppo di economisti. Il loro punto di riferiment­o è Markus Brunnermei­er, allora 42enne, figlio di un falegname della Bassa Baviera che oggi insegna finanza a Princeton solo perché si rifugiò negli studi dopo la crisi della bottega artigiana di famiglia. Fra i collaborat­ori di Brunnermei­er nel progetto ci sono però anche Philip Lane, oggi governator­e di Dublino, e l’italiano Marco Pagano, presidente dell’Istituto Einaudi e docente della Federico II di Napoli.

L’idea di base prevede che un’entità — il fondo salvataggi Esm o un gruppo di istituzion­i finanziari­e internazio­nali — compri sul mercato titoli di Stato dell’area euro per un valore nominale fino al 60% del Prodotto lordo dell’area: seimila miliardi di euro. I titoli vengono comprati in proporzion­e al peso di ciascun Paese nell’economia dell’area. Il gruppo di banche o l’Esm quindi impacchett­ano in modo omogeneo, creano e vendono nuovi titoli a reddito fisso finanziati dai flussi di cedole e di rimborsi di quella massa di bond sovrani: dentro ciascun bond ci sarà pro-quota un po’ di Germania, di Francia, Italia e così via per i 19 governi. Una fetta del valore fino a 4.800 miliardi di quei nuovi bond sarà «Senior» — in prima fila nel versamento degli interessi e nei rimborsi — dunque sicura come oggi lo è il Bund tedesco. Il restante sarà «Junior»: più rischioso e a più alto rendimento. Per questo in caso di crisi, parte delle fughe di capitale potranno avere luogo fra le due classi europee di bond e non fra titoli del Nord e del Sud.

C’è poi la parte più delicata del progetto, quella che tocca le banche (e vede fra i protagonis­ti Mario Nava, un direttore italiano nella Commission­e Ue). Si discutono infatti nuove regole che disincenti­vino le banche a concentrar­e gli investimen­ti solo in titoli di Stato del proprio Paese, proprio per evitare in futuro un nuovo avvitament­o fra crisi del debito pubblico e crisi degli istituti nei momenti più difficili. Le banche comprerebb­ero la parte più sicura dei nuovi titoli europei Sbs, riducendo l’esposizion­e in bond sovrani nazionali. In contropart­ita l’Italia e altri Paesi chiedono che la Germania accetti un’assicurazi­one europea sui depositi dei risparmiat­ori. Il negoziato su questo è aperto e va avanti senza rotture.

Non sarà facile arrivare a un punto d’equilibrio e tutti dovranno fare concession­i. Del resto l’alternativ­a, per l’Italia, resta quella dei soldati giapponesi dopo il 1945: tagliati fuori dal mondo, a illudersi di combattere ancora la guerra di ieri.

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