I cento civili uccisi a Mosul, le prime ammissioni degli americani
Il Pentagono nega che siano cambiate le regole di ingaggio, smentisce che la Casa Bianca abbia dato mano libera nei raid contro l’Isis e al Qaeda. Però gli stessi generali hanno ordinato un’indagine per capire cosa sia accaduto a Mosul, dove un bombardamento alleato ha provocato oltre 100 vittime tra i civili. E adesso riconoscono che probabilmente hanno avuto una responsabilità (parziale) nella distruzione delle case. Questo è il terzo episodio grave da quando Donald Trump ha assunto la guida dell’America: prima la strage nel villaggio yemenita, poi l’incursione sulla moschea a nord di Idlib durante un’operazione anti qaedista, in Siria, infine le perdite sotto le macerie, con gli ordigni lanciati dal cielo sul caposaldo iracheno dell’Isis.
Gli errori in conflitti dove il nemico spesso si mescola alla popolazione sono possibili. È una scelta deliberata del Califfato, farsi scudo con gli inermi e tenerli, al tempo stesso, in ostaggio. Ma quando gli eventi drammatici aumentano è un indizio che chi attacca si fa meno scrupoli: sgancia la bomba intelligente che deve uccidere i terroristi — e lo fa —, al tempo stesso prendono il rischio — conosciuto — di coinvolgere anche gli abitanti. Le testimonianze raccolte sul campo dai media Usa dopo l’ultimo massacro lasciano pochi dubbi sul cambio di approccio. Sotto Obama — ha affermato un ufficiale iracheno — chiedevamo l’assistenza dei caccia, talvolta intervenivano immediatamente, in altre occasioni c’erano ritardi e persino casi dove non apparivano per nulla. Il presidente aveva posto dei limiti nella speranza di ridurre danni collaterali che pure ci sono stati. Oggi sarebbe tutto diverso, con azioni estese e massicce. Del resto Trump aveva promesso che, nella lotta allo Stato Islamico, i militari si sarebbero tolti i guanti. Ed è probabile che vi saranno altri momenti duri. Sauditi ed Emirati hanno sollecitato Washington ad un appoggio diretto nell’offensiva contro gli sciiti Houti nello Yemen, conflitto dove i civili sono vittime di attacchi selvaggi.
Il picchiare duro può essere una scelta militare che indebolisce l’avversario, ma pretende un prezzo umano e politico pesante che non aiuterà il «dopo». Un errore spesso commesso nei teatri dove agiscono i jihadisti, abili nello sfruttare errori ed eccessi.
@guidoolimpio