Corriere della Sera

LA PAROLA ALLE STORIE

LA VECCHIA ARTE DELLA RETORICA OGGI SI CONDENSA IN 20 MINUTI (E CI GUADAGNA IN MAGNETISMO)

- di Giuseppe Antonelli

Dammi venti minuti e ti spiegherò il mondo. Così, più o meno, funziona oggi il parlare in pubblico. Più meno che più, visto che la misura ideale sembra essere diventata quella dei TED Talks: massimo 18 minuti per raccontare «idee che val la pena diffondere». Forse a qualcuno sarà venuta in mente la famosa battuta di Woody Allen: «Ho fatto un corso di lettura veloce. Ho letto Guerra e pace in venti minuti. Parla della Russia». Ma il punto è proprio qui. Guerra e pace non si può leggere in venti minuti, ma si può benissimo raccontare in venti minuti. Quando a parlare è qualcuno che conosce bene ciò di cui parla — perché quella materia l’ha studiata, vissuta, insegnata, esercitata per anni — allora il racconto può diventare un distillato. Quel racconto è come il miele, prodotto dalle api dopo una lunga attività di ricerca e trasformaz­ione. Il miele è dolce, non trattiene alcuna traccia della fatica che è costato. Infatti piace quasi a tutti: a grandi e bambini, persino agli orsi.

Il perimetro dei diciotto minuti è un po’ come quello dei 140 caratteri di Twitter. È un confine convenzion­ale che taglia

L’appuntamen­to A Torino il Festival Sharing Italy di Intesa Sanpaolo. Due giorni di interventi (modello TED) per fare il punto sulla creatività nel made in Italy. Un linguista spiega perché oggi l’auto-racconto è efficace, nonostante sia breve

fuori il superfluo. Che ci costringe a gerarchizz­are, sintetizza­re, concatenar­e in maniera serrata le cose che vogliamo dire. E a dirle nel modo più affascinan­te che possiamo, comunicand­o (oltre alle nostre conoscenze) la nostra passione per quella materia. Le prime sparute apparizion­i dell’anglicismo storytelli­ng in testi italiani risalgono alla fine degli anni 60, inizio anni 70 del secolo scorso. Proprio nel 1970, in un numero della rivista Studi americani, si legge: «la television­e, la radio, il cinema stanno sostituend­o, a poco a poco, la più antica e diffusa forma di divertimen­to: l’arte dello storytelli­ng».

Quell’arte sarebbe tornata impetuosam­ente di moda solo qualche decennio dopo. E avrebbe invaso prima il campo della pubblicità poi quello della politica, rendendoli sempre più simili l’uno all’altro (con effetti tutt’altro che positivi). Poi sarebbe diventata la forma regina di qualunque tipo di comunicazi­one, arrivando finalmente a svecchiare il campo della comunicazi­one scientific­a. Anche grazie al modello delle conferenze organizzat­e, dapprima negli USA e poi in tutto il mondo, dall’associazio­ne TED (Technology Entertainm­ent Design). E così, eccoci nell’era della narrazione; o narrativa, come qualcuno dice ricalcando l’inglese narrative. Anche se forse la parola giusta per rendere al meglio storytelli­ng sarebbe affabulazi­one, dal latino fabulare che in origine voleva dire proprio «parlare». Parlare in pubblico, in questo caso, misurandos­i con quel public speaking che già da tempo è entrato nelle scuole americane. Chi non ricorda i protagonis­ti dei Peanuts alle prese con la declamazio­ne — davanti alla classe — dei loro scritti? In una striscia c’è Sally Brown, la sorella di Charlie, che recita un tema sull’importanza della lettura. «È importante leggere? Sì! Se non sapeste leggere, come fareste a leggere Guerra e pace? Se non leggete Guerra e pace, Leone Tolstoj vi odierà! Volete essere odiati da Leone Tolstoj?»

Domande retoriche, certo, che però funzionano, perché coinvolgon­o in prima persona chi sta ascoltando. De te fabula narratur: questa storia parla anche di te, sembra dirci, con l’Orazio delle Satire, ogni bravo oratore dei nostri tempi. L’importante è solo trovare le parole giuste. Le parole che risuonino in ognuno di noi. Le parole che ci facciano proiettare in quel racconto la nostra esperienza. Non importa che si parli di astrofisic­a, di sport, di letteratur­a, di medicina, di storia, di informatic­a, di musica. De te fabula narratur: il mio discorso, il discorso che ti sto raccontand­o, parla anche di te. Questa è la magia della retorica. «Oggi, nell’epoca della connession­e globale, dovremmo resuscitar­e questa antica arte e farne il quarto pilastro della formazione, accanto a lettura, scrittura e matematica», scrive Chris Anderson, direttore di TED, nel suo ultimo libro (Il migliore discorso della tua vita). Ecco: la prima conseguenz­a della rinnovata fortuna dello storytelli­ng è che sta cambiando il significat­o della parola retorica, togliendol­e quell’alone di stantìo che la rendeva impopolare. Noiosa la retorica? Tutte storie!

Come Charlie Brown Chi non ricorda i Peanuts alle prese con la declamazio­ne davanti alla classe dei loro scritti? Come noi

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