Corriere della Sera

Juncker «triste» promette battaglia «L’Europa sarà ferma e educata, ma non ingenua»

- di Paolo Valentino

«È una giornata storica, ma per la ragione sbagliata: un Paese membro ha deciso di lasciare l’Unione e io sono profondame­nte triste».

Jean-Claude Juncker arriva un po’ trafelato al Museo dell’Archeologi­a, nel centro della capitale di Malta. Insieme al premier dell’isola, Joseph Muscat, il presidente della Commission­e europea è venuto per partecipar­e a un dialogo con i cittadini sul futuro della Ue. Ma, pur se attesa, la lettera scarlatta di Theresa May lo ha reso pensieroso e guardingo.

«Ora la palla è nel nostro campo — ci dice Juncker —, renderemo nota una risposta entro fine aprile di concerto con il Consiglio, ma fino ad allora cercherò di dire il meno possibile».

Eppure anche per un veterano della politica come l’ex premier lussemburg­hese, è difficile nascondere preoccupaz­ioni e incertezze, di fronte al negoziato che si profila con Londra. Il capo dell’esecutivo di Bruxelles sa perfettame­nte che da oggi l’Europa dei 27 si muove in terra incognita e che la navigazion­e sarà densa di pericoli e di cosiddetti «unknown unknowns», cioè di cose che non sappiamo di non sapere. «Brexit è una tragedia — ha detto nel fine settimana a Lionel Barber del Financial Times — e la gente non sa che questa tragedia porterà a delle conclusion­i».

Teme che la trattativa possa aprire nuovi fronti di divisione all’interno della Ue? Juncker risponde quasi sovrappens­iero: «Sì, lo temo». Detto meno di una settimana dopo l’ottimismo delle celebrazio­ni romane per i 60 anni dei Trattati, è un’ammissione che fa pensare.

Due riferiment­i precisi, contenuti nella lettera di Downing Street, fanno discutere molto: le aperture della May sulle possibili intese post Brexit in tema di sicurezza e commercio. Juncker non vuole addentrars­i nel merito: «Le due cose dovranno essere prese in consideraz­ione insieme», si limita a chiosare.

Una cosa però sembra chiara al presidente della Commission­e: «Negozierem­o in modo fermo, aperto, onesto, saremo disponibil­i ad ascoltare le ragioni dell’altra parte, ma non saremo ingenui». Si ferma, poi lo ripete: «No, non saremo ingenui».

Nel dialogo con un pubblico in gran parte fatto di giovani, Juncker sembra quasi sollevato che ci sia poca curiosità sull’argomento del giorno. Solo ad un certo punto, alla domanda di un signore sui rapporti tra l’Unione Europea e l’Armenia il presidente della Commission­e, voce dal sen fuggita, sbotta: «Per ora mi devo occupare della Brexit».

Sul tema però torna solo una volta, a proposito del problema dei cittadini britannici che risiedono nel territorio della Unione Europea: «Dipenderà dalle trattative, non posso dirlo oggi. Sicurament­e dovremo offrire risposte soddisface­nti sia ai cittadini della Ue che vivono in Gran Bretagna, sia a quelli inglesi che vivono da noi».

Parla anche del clima, Juncker. E questa volta non ha peli sulla lingua: «Le decisioni del presidente americano Trump in tema energetico sono un disastro, mettono a rischio tutto l’impianto della lotta ai cambiament­i climatici. Dovremo avere colloqui con tutti i nostri principali partner per decidere le azioni da intraprend­ere insieme».

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