UN PROGETTO PER RINNOVARE LE ISTITUZIONI EUROPEE
Caro direttore, un tempo alle riunioni a Bruxelles di solito gli italiani facevano scena muta e si accodavano disciplinatamente alle indicazioni della Commissione. Erano considerati buoni europei, convinti della necessità di far prevalere un consenso comunitario rispetto a possibili rivendicazioni nazionali. Poi tornavano a casa e spiegavano che l’Europa ci aveva chiesto, o imposto, di fare questo o quello e che noi ci eravamo adeguati per spirito di servizio europeo. Poi venne un’epoca diversa. Gli italiani continuarono molte volte a tacere nelle sale del Justus Lipsius al rond-point Schuman ma, quando uscivano per riepilogare la riunione, esaltavano l’impegno del nostro Paese nel difendere i sacrosanti interessi nazionali dinanzi ai maligni propositi delle istituzioni comunitarie. Peccato però che di quelle battaglie non vi fosse traccia nella memoria dei partecipanti, né nei verbali di quegli incontri. Il resoconto era evidentemente destinato al mercato nazionale. Ora è cambiato ancora qualcosa. I nemici dell’Europa sono cresciuti e parlano a voce alta. Da Paese più filo-europeo, l’Italia è scivolata tra gli euro-insofferenti. Il vento è girato, molti cavalcano più o meno strumentalmente l’idea che l’Italia debba uscire dall’Unione Europea (anche se parlano di abbandonare soltanto l’Euro, il che non è possibile) e l’opinione pubblica è condotta per mano sulla via della demonizzazione dell’Europa, come se fosse la fonte di tutti i nostri mali. Intanto, qualcuno che pure, nonostante difetti e incongruenze,
ha a cuore il progetto europeo non risparmia bordate pesanti contro Bruxelles, anche a rischio di confondersi con i neo-sovranisti o di tirare la volata per loro. È il modo migliore di promuovere interessi e ruolo dell’Italia?
La dichiarazione firmata a Roma il 25 marzo dai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell’Ue è stata ben modulata per consentire la coesione europea dopo il colpo della Brexit. In questa fase spingere per impegni più radicali sarebbe stato controproducente, conosciamo le sensibilità degli uni e degli altri. Comunque la strada è aperta per nuclei di integrazione più avanzata per quanti lo vorranno. Il governo italiano può essere soddisfatto del successo del suo lavoro intelligente e tenace. Ed è importante l’impegno dei leader europei «a dare ascolto e risposte alle preoccupazioni espresse
dai nostri cittadini», rispettando la sussidiarietà. Vasto programma, certo, ma da sostenere con vigore.
Tra le voci da ascoltare non trascuriamo quella dei giovani europei, più attaccati all’idea di stare insieme che di dividersi, come lo stesso referendum britannico ha dimostrato. Alcuni hanno voluto fissare un programma d’azione, con l’aiuto di tre autorevoli tutor, Sylvie Goulard, Peer Steinbrück e Filippo Taddei, e il coordinamento del centro italo-tedesco di Villa Vigoni. Ne è nato, nei giorni in cui i governi festeggiavano l’anniversario dei trattati, un manifesto di Roma (www.romemanifesto.eu), che mira non solo a difendere l’identità europea ma a battersi per il suo rinnovamento. Al centro della proposta dei giovani europei figurano soprattutto i diritti alla libertà, alla dignità, a una vita produttiva, alla giustizia e alla protezione sociale, all’ambiente salubre. L’architettura istituzionale europea va semplificata, con competenze ben circoscritte per l’Unione, lasciando agli Stati membri le responsabilità non esplicitamente delegate al livello superiore. Il potere legislativo andrebbe diviso tra Parlamento europeo, eletto dai cittadini Ue, e Senato europeo, composto dai rappresentanti dei governi nazionali, che assorbirà Consiglio europeo e Consiglio. Poteri e istituzioni sarebbero definiti in una costituzione dell’Unione federale. Idee ambiziose, eppure generose e promettenti, di chi crede che il cambiamento sia necessario e possibile. Fermiamoci ad ascoltarle, senza pregiudizi, può servire a tutti. Forse anche per far parlare l’Italia non solo alla fine delle riunioni.
Presidente del centro italo-tedesco Villa Vigoni