Le first lady e l’America allo specchio
Melania, la principessa silenziosa che vive in cima a una torre di vetro e cemento, silenziosa dopo che il debutto pubblico, alla convention repubblicana, finì male — il discorso era un plagio di quello di Michelle Obama otto anni prima —. Michelle la moglie grintosa di un presidente pacato, icona femminista che può davvero diventare il simbolo della resistenza anti-Trump.
Melania con Rania di Giordania SEGUE DALLA PRIMA
Due First Lady diversissime come diversissime tra loro erano Hillary Clinton e Laura Bush, l'avvocata con ambizioni politiche e la bibliotecaria texana sposata al presidente delle due guerre in due mandati.
Da Los Angeles è diventata virale la t-shirt «Free Melania», liberate Melania, che ironizza sulla First Lady «prigioniera» nella Trump Tower (peraltro con enormi costi per i contribuenti): è separata dal marito? L’ha messo nell’angolo sapendo che il terzo divorzio, durante il mandato presidenziale poi, potrebbe Michelle Obama con due bambine Hillary Clinton con Tipper Gore
fare finire Trump k.o.? Melania-sfinge sul volto della quale tutti leggono una cosa diversa. Free Melania, l’ultima provocazione di Bill Wyatt, che dal suo Y-Que Trading Store a Los Feliz sforna magliette popolarissime come quella di Bernie Sanders con il basco di Che Guevara e, qualche anno fa, «Free Winona» dedicata all’attrice Winona Ryder arrestata per taccheggio.
Un’altra t-shirt viene da New York, dalla grande libreria Strand (eroicamente resistita alla crisi del sistema): Michelle Obama è un’illustrazione e sotto di lei la scritta «Non c’è limite ai traguardi che noi donne possiamo raggiungere», una delle sue frasi più citate e che la rendono, almeno in effigie, simbolo di quella «resistenza» dei democratici, donne soprattutto, che cresce di giorno in giorno ma soffre per la mancanza di un — una — leader.