Trump cede, via lo stratega
Rimosso Bannon, il falco del bando anti-islamici. La vittoria dei militari
Lo stratega della Casa Bianca Steve Bannon estromesso dal Consiglio per la sicurezza nazionale, l’organo che dà al presidente americano le informazioni necessarie per le decisioni più delicate su sicurezza, difesa e politica estera. Trump rimuove il suo più stretto consigliere, il falco ideologo del bando anti-islamici: una vittoria dei militari.
In prima fila, ad ascoltare la conferenza stampa congiunta di Donald Trump e del re Abdullah II di Giordania, ci sono tutti i consiglieri più stretti dello Studio Ovale. Tutti tranne Steve Bannon, fino a ieri il numero uno degli «advisor». Il presidente lo ha rimosso, evidentemente con effetto immediato, dal Consiglio di sicurezza nazionale, organismo fondamentale di coordinamento tra i diversi ministeri dell’Amministrazione su temi chiave, dal terrorismo domestico e internazionale fino alle crisi mondiali.
La versione ufficiale accreditata dalla Casa Bianca è che «non si tratta di un ridimensionamento».
Bannon era entrato nel Consiglio, fanno sapere i funzionari, secondo quanto riportato dai giornali americani, con il compito di «circoscriverne» la portata. Ora la missione sarebbe compiuta e quindi Bannon può tornare tranquillamente a occuparsi di vicende nazionali.
Oggettivamente è una ricostruzione debole. Da mesi ormai era in corso uno scontro molto aspro tra la strategia radicale, estremista di Bannon e quella più istituzionale appoggiata dai militari e dal generale H.R. McMaster, subentrato poche settimane fa a Michael Flynn alla guida proprio
del Consiglio di sicurezza nazionale. McMaster è sponsorizzato da un altro generalissimo, James Mattis, segretario alla Difesa.
Bannon ha condizionato profondamente le prime mosse di Trump. Linea dura verso l’Islam; posizione a dir poco ambigua nei confronti della Russia; zero compromessi sulla riforma sanitaria. Solo per citare tre esempi. Ma con risultati velleitari. Il bando sui profughi e sui viaggiatori provenienti da sette (poi sei) Stati musulmani è stato respinto per due volte dai tribunali americani. L’incauta apertura a Vladimir Putin ha fatto scattare l’allarme rosso al Pentagono, mentre il «penultimatum» di Trump sulla rottamazione dell’Obamacare ha contribuito ad affossare le possibilità di compromesso.
Presto si è formato una specie di triangolo che ha stretto d’assedio Bannon fino a indurre Trump a silenziarlo, almeno sulle questioni di politica estera. Primo lato: McMaster, Mattis e gli alti gradi dell’esercito. Secondo: i parlamentari repubblicani. All’inizio la fronda era guidata solo dai senatori John McCain e Lindsey Graham. Ma con il passare delle settimane il malumore, coltivato nei corridoi di Capitol Hill, si è allargato a tutta la fascia dei conservatori più o meno ortodossi: Ted Cruz, Marco Rubio e, alla Camera dei rappresentanti, lo speaker Paul Ryan, il leader della maggioranza Kevin McCarthy.
Infine il terzo lato, probabilmente quello decisivo: il «genero in chief», Jared Kushner. Il «senior advisor», insieme con Ivanka, la figlia del presidente, rappresentano un polo di riferimento per tutto ciò che più è lontano da Bannon: il dialogo tra culture religiose, l’idea del negoziato come strumento politico, le relazioni con l’establishment finanziario del Paese. A tutto ciò Kushner ha aggiunto l’asse con i militari. Non a caso, lo scorso fine settimana, il generale dei marines Joseph Dunford ha invitato lui in Iraq, e non certo il «consigliere strategico» Bannon.
Trump ha tirato le conclusioni, con un occhio anche al suo tasso di gradimento che rotola su un piano inclinato. Pochi giorni fa era al 36%, ora è al 35%. Nella conferenza stampa di ieri, il presidente degli Stati Uniti ha adottato una postura più vicina a quella dei militari: risposte minacciose sulla Corea del Nord, sugli Hezbollah, sull’Iran e, naturalmente, sulla Siria. Ancora niente, però, sulla Russia che, Bannon o non Bannon, resta la grande incognita della presidenza Trump.
È stato McMaster, il successore del «filorusso» Mike Flynn, a imporre la scelta