L’ira di Renzi: blitz studiato a tavolino E Gentiloni chiama il leader di Ap
I fedelissimi dell’ex segretario: un atto di guerra, meglio votare che questo stillicidio
«È un po’ come l’attentato di Sarajevo che provocò la Prima guerra mondiale»: un renziano di rango a metà pomeriggio fotografa così la situazione, dopo l’elezione di Salvatore Torrisi (Ap) alla Commissione Affari costituzionali del Senato. Ossia, quello di ieri è l’incidente parlamentare che potrebbe se non provocare la crisi, comunque quanto meno avvicinarla.
Per questa ragione, dal Nazareno avvertono il premier che la faccenda va risolta: «Quello che è successo è inaudito. Si apre un problema nella maggioranza». Gentiloni recepisce il messaggio: «È un fatto grave, è vero». Il premier chiama Alfano e lo sollecita a convincere Torrisi a dimettersi. Il ministro degli Esteri procede: «Glielo chiedo subito», è la sua risposta.
Tutto pur di scongiurare la crisi. Benché qualcuno quasi se la auguri. «Meglio andare alle elezioni a giugno che continuare con questo stillicidio e con un Senato in perenne fibrillazione», dicono nei capannelli alcuni deputati renziani. Mentre gli scissionisti accusano gli uomini dell’ex segretario di aver creato l’incidente ad arte per aprire la crisi: «Si sapeva benissimo che il candidato del Pd non aveva i voti, perciò se si è andato avanti lo stesso lo si è fatto per stupidità o per dolo...».
Ma Matteo Renzi era all’oscuro di quanto stava per avvenire. E infatti appena viene a sapere dell’accaduto resta di sasso: «Il Pd messo in minoranza in prima commissione? Ma è un fatto enorme», dice ai suoi. Già, perché a suo avviso con quella votazione si è aperto un problema nella maggioranza.
L’ex segretario del Pd va su tutte le furie: che cosa significa quello che è successo, a quale gioco si sta giocando, e perché si vuole colpire il Pd? Ci ragiona sopra con i fedelissimi e arriva a questa conclusione: «Secondo me era tutto studiato a tavolino per consentire che al Senato passi una legge elettorale proporzionale. Ma è un calcolo sbagliato, perché alla Camera non hanno i numeri per approvare una roba del genere. Questa è l’ennesima dimostrazione che non si farà mai la legge elettorale». E poi: «Che tristezza. Antepongono l’interesse personale a quello della nazione. Ora è il momento delle istituzioni».
Sul Parlamento aleggia una brutta atmosfera. Sospetti nella maggioranza di governo, sospetti nel Partito democratico. E scambi di reciproche accuse. I renziani sostengono che il capogruppo Luigi Zanda non ha gestito bene la vicenda, proprio perché alla ricerca di un accordo su una legge elettorale proporzionale. Gli uomini del presidente dei senatori del Pd dicono che i renziani stanno drammatizzando il fatto oltre misura.
A sera Alfano non è riuscito ancora a convincere Torrisi a dare le dimissioni. E intanto dal Colle filtra un certo fastidio di Sergio Mattarella per l’accaduto e per le polemiche che si sono innescate.
Perciò il ministro degli Esteri sente nuovamente Gentiloni e contatta i vertici del Pd. Se Torrisi non si dimetterà, Alfano è pronto a cacciarlo dal partito, nella speranza di chiudere così il caso. Ma quello che è successo ieri lascia presagire che il cammino di questa maggioranza di qui alle elezioni (quando verranno) non sarà esattamente una passeggiata.