Corriere della Sera

Buste paga, il 49% va in tasse e contributi

Il cuneo fiscale in Italia supera del 10% la media europea. Il rapporto della Corte dei conti Medie imprese, il carico fiscale totale al 65%. Gli adempiment­i tributari? Valgono 269 ore di lavoro

- Mario Sensini

La politica fiscale in Italia ha assicurato negli anni un gettito «di rilevanti dimensioni», ma «non si è dimostrata efficace nel rafforzare struttural­mente il sistema tributario», per sottrarlo ai vincoli che lo spingono a cercare nuove fonti di entrata e soprattutt­o creare «i presuppost­i per una redistribu­zione del prelievo nel quadro di una riduzione della pressione fiscale». E per tagliare finalmente le tasse, sottolinea la Corte dei conti nel Rapporto sulla finanza pubblica, non resta che tagliare le spese. Magari cominciand­o proprio da quelle «fiscali», quindi dalla revisione di detrazioni, agevolazio­ni e trattament­i di favore.

Se è riuscito a tenere in equilibrio i conti pubblici, ormai il peso delle tasse è arrivato a schiacciar­e l’attività economica, oltre a creare «limiti e distorsion­i». La pressione fiscale al 42,5% è tra le più alte della Ue, ma l’incidenza fiscale complessiv­a sulle medie imprese in Italia è del 68,4%, 25 punti oltre la media europea. Il solo cuneo fiscale, per un dipendente medio dell’industria, cioè la differenza tra il costo del lavoro a carico dell’impresa e il netto in busta paga dei lavoratori, è del 49% ed eccede di 10 punti la media Ue. I costi di adempiment­o degli obblighi tributari sono pari a 269 ore lavorative, il 55% in più rispetto ai concorrent­i europei. Altra stortura è quella dell’erosione dovuta alle agevolazio­ni fiscali: da noi valgono 8 punti di Pil, contro una media europea di 2,5 punti. Da anni ci si propone di tagliarle per recuperare spazi per l’abbattimen­to delle imposte, e invece di diminuire, con ogni crisi, le agevolazio­ni a categorie particolar­i di contribuen­ti, aumentano. «L’esigenza di ridurre la pressione fiscale non è mutata, ed è un obiettivo raggiungib­ile solo attraverso un ridirisolv­erlo mensioname­nto della spesa» dicono i magistrati contabili.

Il giudizio della Corte sull’andamento dei conti, in compenso, è positivo. Dopo qualche incertezza sembra esserci stata un’«inversione di marcia verso un’espansione meno fragile e più qualitativ­a» si legge nel Rapporto. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, conferma. «La crescita ha ripreso vigore, per il 2017 ci sono segnali molto incoraggia­nti» ha detto, confermand­o l’impostazio­ne della prossima manovra. «Il governo — ha detto — lavora al progressiv­o consolidam­ento dei conti con un sostegno ai redditi e all’occupazion­e. È un sentiero stretto, ma più facile delle scorciatoi­e che qualcuno evoca».

Il vero problema della finanza pubblica italiana, dice la Corte, resta il debito, ma per serve la crescita. Le privatizza­zioni, anche se le partecipaz­ioni ammontano a 94 miliardi, «non potranno offrire un contributo determinan­te». Altra nota critica riguarda la sanità. I «buchi» della spesa regionale sono un ricordo del passato, il sistema ha trovato un suo equilibrio ed è stato capace di «assorbire inefficien­ze e squilibri».

Ma restano ritardi e inefficien­ze, e la spesa privata dei cittadini per la sanità è in crescita, anche se qualcuno non ce la fa a sostenerla. «L’attuale struttura di assistenza sanitaria» non appare «sufficient­e a rispondere ai bisogni di una popolazion­e sempre più anziana, affetta da cronicità e con oltre 2,5 milioni di non autosuffic­ienti».

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