«L’intelligenza artificiale al volante? Dà più sicurezza»
All’Audi City Lab il confronto sull’auto a guida assistita: sterza, frena e trova parcheggio da sola
Ci sono un neuroscienziato, un architetto, un ingegnere, un manager, un esperto di marketing, un regista hollywoodiano e un giornalista. Americani, danesi, italiani. Sembra l’avvio di una barzelletta, invece è una riunione seria. Seria, non seriosa. Perché si discute di intelligenza artificiale, partendo dalle sue applicazioni — presenti e future — nella mobilità.
Ci ha pensato Audi a promuovere l’incontro, piazzandolo al centro del Fuorisalone milanese. Fabrizio Longo, direttore del brand in Italia, dice di voler realizzare compiutamente il destino contenuto nel marchio: audi, ascolta in latino. «Dove c’è tecnologia — spiega —, ci sono comportamenti, c’è etica. Vogliamo andare in profondità nella rivoluzione digitale di questi anni».
Una rivoluzione che rotola già nelle strade. Perché se la guida autonoma è il futuro («Non per la tecnologia, disponibile — puntualizza Longo — ma per la mancanza dell’ecosistema infrastrutturale e normativo»), la guida assistita è il presente. Auto che, da sole, sterzano, frenano, mantengono le distanze, leggono i segnali, prevedono i rischi, trovano il parcheggio... Telecamere, radar, sensori. Le mani che lasciano il volante, sia pure per poco e solo per un ragionevole dippiù di cautela. «Non è vanità aziendale — tiene a dire Longo —, la strada è senza ritorno. L’obiettivo è alzare la sicurezza, il confort e la sostenibilità». Creare le condizioni affinché la mobilità faccia ancora rima con libertà.
Se ne discute in quello che Audi ha battezzato City Lab, aprendo le porte di un nucleo di spiritualità e umanesimo fino a oggi chiuso, l’ex seminario arcivescovile datato 1565, in corso Venezia. Beppe Severgnini, direttore di Sette, fa notare come certe forti trasformazioni si presentino con una cadenza decennale: «Alla metà degli anni Novanta Internet, poi la connessione veloce, oggi l’intelligenza artificiale». «Preoccupato?», chiede Monica Maggioni, presidente Rai, Una Audi A5 all’ingresso dell’Audi City Lab, a Milano, in corso Venezia che modera la serata. Preoccupato, cioè, che i robot tolgano spazio all’uomo? «La colpa non è della tecnologia — è la replica —, ma della politica che dà risposte elusive o sbagliate». Lo pensa anche Carlo Ratti, torinese che insegna a Boston ed evoca la «smart city», la connessione fra Internet, le cose e le persone: «L’intelligenza artificiale apre scenari inesplorati, abbatte l’affollamento di veicoli e i costi degli spostamenti». Ma ha, per Ratti, un merito ancora più grande: «Ci farà dimenticare della tecnologia».