L’arredo armonico
progetto «Never Stop Living Kindness» (nell’appartamento di via San Tomaso 6), fondato sui rituali della gentilezza e dell’accoglienza, con performance e incontri dal vivo.
Sostantivi sepolti dalla fretta? «Paradossalmente — continua Spagna — quelle tecnologie che avrebbero dovuto farci aprire agli altri, ci inducono alla chiusura. Prendiamo il wi-fi: alla sera, stanchi, ci rintaniamo nelle nostre case e cerchiamo compagnia virtuale. Con un arredamento che è fatto per persone che cercano relax. Non sentiamo la solitudine perché sempre connessi, ma il sistema dell’ospitalità ne risente. Fateci caso: è il mondo che viene a visitarci in casa, con notizie e stimoli virtuali!». Ma è un mondo finto, non gli si può mostrare il bagno rompendo quella barriera tra pubblico e privato in un invito alla familiarità che aveva incuriosito anche il grande sociologo canadese Erving Goffman.
E ancora. In questo Fuorisalone, Ikea, in zona Ventura/ Lambrate, propone incontri e performance nel progetto «Let’s make room for life», un titolo-manifesto. A proposito del colosso svedese, non è che scegliamo sempre di più mobili semplici, funzionali e scarni perché servono solo a noi e non sono da mostrare agli ospiti?
«Penso di sì — conferma Lelli Mami —. Ecco perché noi ci ispiriamo a designer e architetti che, al contrario, hanno immaginato l’arredo come un’armonia, dal cucchiaio alle scale, perché immaginata come qualcosa da vivere. Penso a Gio Ponti per il passato e a Ilse Crawford per il presente».
Ma dove si ritrova l’antica ritualità della visitazione? «Paradossalmente in alcune comunità di immigrati — conclude Spagna — ma non sempre gli riesce. O perché non hanno i mezzi (case spaziose) o perché spesso le visite, specie se rumorose, sono viste con sospetto dagli italiani».