Il ricordo e il cordoglio di tanti lettori
Caro Aldo, sul Corriere per anni sono stati pubblicati gli appelli di Giovanni Sartori a una sorta di consapevolezza demografica, consapevolezza che trova ogni giorno di più un oggettivo riscontro nel fenomeno dell’immigrazione che ci coinvolge sempre più. Come non temere che i suoi appelli, come quelli dei grandi pensatori che come lui hanno l’obbiettività di comprendere il futuro del proprio presente, resteranno inascoltati al pari della verità di Cassandra?
Mario Taliani
È morto un grandissimo, Giovanni Sartori. Prima di parlare di populismi e stupidaggini varie e insensate si legga il suo libro Democrazia e definizioni, scritto 60 anni fa!
Maria Teresa Dadduzio
Intelligente, arguto, saggio, un vero sapiente. Prima coccolato e idolatrato dalla sinistra in quanto critico di Berlusconi. Poi isolato, attaccato, censurato, quando si espresse contro l’immigrazione musulmana. Eugenio Farina
Non lo conoscevo e non sempre ne ho condiviso le idee, ma ha avuto un posto nella mia formazione e voglio ricordarlo!
Chiara Barone
Eccezionale. Mente prodigiosa. Un onore e un privilegio averlo letto.
Fabio Lauri Penna
Uno dei pochissimi a saper discutere e polemizzare senza aggredire e offendere i propri interlocutori. Oreste Rosati
Un grande studioso che stimolava l’intelligenza altrui. E ogni studente di Scienze politiche come me ha dovuto confrontarsi con le sue teorie e i suoi libri. Ci mancherà, professore. Mattia Zangrossi
La scomparsa di Giovanni Sartori ha molto colpito i lettori del Corriere. Abbiamo avuto la fortuna di leggere sul nostro giornale il più importante intellettuale italiano dopo la morte di Norberto Bobbio (9 gennaio 2004) e di apprezzare, accanto alla sua cultura, la sua forza polemica, il suo umorismo fiorentino, il suo amore e il suo timore per l’ambiente, la sua umanità. Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579
lettere@corriere.it letterealdocazzullo @corriere.it
Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere
Caro Aldo,
si sente dire che l’Europa attraversa un periodo sereno poiché da oltre 70 anni non vi sono più guerre. Il susseguirsi di attentanti induce a pensare che è cambiata solo la strategia. In guerra si conoscono i propri nemici e ci si può difendere; con gli attentati si ignora chi è il nemico che potrebbe anche essere una persona di cui ci fidiamo. Si stenta anche a capire la finalità, lo fanno solo per destabilizzare?
Caro Annibale,
Quella che stiamo vivendo non è una guerra. È molto di più: è un’epoca. La strage di San Pietroburgo ha suscitato meno emozione di quella di Londra, anche se è stata più cruenta. Ma Londra è ormai la settima città italiana, mentre San Pietroburgo è vista come una meta remota; in realtà è da sempre l’avamposto della Russia verso occidente, il segno della sua scelta europea, oltre che la città di Putin, che oltretutto quel giorno era in visita. Non mi stupirei che emergessero complicità interne, o comunque che Putin le additasse all’opinione pubblica (in maggioranza dalla sua parte), per giustificare un altro giro di vite contro l’opposizione, sul tristo modello di Erdogan.
Ci fu un tempo, a cavallo tra gli anni 80 e i 90, in cui parve che la storia si addolcisse; al punto che qualcuno scrisse che era finita, e fu preso sul serio (e ancora pontifica). Il crollo del muro liberava l’Europa dell’Est dal giogo comunista, nell’Irlanda del Nord si deponevano le armi, in Sudafrica finiva l’apartheid e Mandela diventava presidente. E a Oslo israeliani e palestinesi firmavano accordi di pace che parevano aprire una nuova era di dialogo e di convivenza in Medio Oriente.
Non è andata così. In Medio Oriente infuria una guerra civile per il potere. E gli estremisti colpiscono le capitali dell’occidente per attirarlo nello scontro, e per radicalizzare le comunità islamiche nei nostri paesi. Eliminato Bin Laden è apparso un mostro ancora più sanguinario, l’Isis, che l’Europa e l’America hanno affrontato senza troppa voglia di combattere. Quando il califfo sarà cacciato da Mosul e da Raqqa, sorgeranno altri mostri. Dobbiamo attrezzarci a una lunga campagna contro il terrore, lavorando sulla prevenzione e sulla repressione, e discutendo con mente libera da fobie o da irenismi politicamente corretti come convivere con l’Islam e come creare comunità islamiche che rispettino le nostre regole e condividano i nostri valori.