La vita è una buona serie I più piccoli lo sanno
L’Iliade insegna ancora la formula perfetta: la letteratura come sequenza di esperienze e storie
Entrando in una qualsiasi libreria nel reparto bambini e ragazzi, salta subito all’occhio la differenza. Se gli scaffali dedicati alla narrativa per adulti sono un puzzle multicolore e multiforme, quelli per bambini assomigliano a tratti a un’ordinata costruzione di pezzi di duplo perché le coste dei libri delle serie formano ordinati parallelepipedi monocromatici.
I nomi famosi sono molti, a partire dalla saga infinita di Geronimo Stilton e dalla fortunatissima serie di Luigi Garlando, Gol. Un ruolo di fondamentale importanza nella produzione di queste serie, lo ha avuto e lo ha tuttora Atlantyca, la fucina editoriale che ha dato i natali a numerosi personaggi seriali tramite un esercito di autori, i cui nomi talvolta non compaiono in copertina ma sono ben noti agli addetti ai lavori e non solo. Qui il superprolifico Pierdomenico Baccalario ha dato vita a numerosi prodotti seriali, alcuni scritti di suo pugno come Ulysses Moore (che ha venduto milioni di copie in tutto il pianeta), altri abilmente diretti in qualità di editor-regista. Ora vive in Inghilterra, dove ha creato la sua Book on a Tree che scrive, produce e inventa serie e prodotti multimediali. Tra le serie in voga del momento troviamo Agatha Mistery di Sir Steve Stevenson che altri non è se non Mario Pasqualotto, autore anche di un’altra serie di successo, Tom o’ clock. Ci sono le avventure di Valentina, scritte da Angelo Petrosino e le divertenti storie di Scooby-doo. Alcune serie meno recenti godono da alcuni anni di un rinnovato successo. Basti pensare alla Pimpa di Altan e al rilancio dei Barbapapà. I numerosi canali televisivi dedicati ai bambini (Rai Yo Yo, Cartoonito, Super, solo per citarne alcuni) sostengono molti di questi prodotti editoriali con i cartoni animati che, per loro natura, sono necessariamente seriali.
E qui si pone il primo, inevitabile, ragionamento che spiega il successo della serialità, denominatore comune di questo tipo di narrazioni su carta e su video. I bambini possono in questo modo prolungare la propria esperienza attraverso più canali, godendo di quel senso confortante di familiarità che deriva dal fatto di conoscere bene i personaggi, di averli visti agire, al punto da poter prevedere le loro azioni, o inventare e interpretare nuovi episodi nei loro giochi. I giovani lettori si trasformano in critici e letterati: veri esperti e conoscitori della materia in grado di esporre con abilità temi e caratteristiche del loro personaggio preferito e godendo così, con largo anticipo anagrafico, di quel senso di sicurezza che deriva dal fatto di padroneggiare una materia. Difficilmente proveranno presto questa sensazione in altri ambiti che pongono sfide continue, la scuola in primis ma anche lo sport. E parlando così di vita vera, viene da chiedersi se essa non sia il primo prodotto seriale di successo: si va a scuola tutti i giorni, si mangia e si gioca con i soliti amici, si praticano con cadenza settimanale una o più attività sportive. La vita e le serie hanno un ingrediente magico e comune che è la parziale prevedibilità, amata non certo solo dai bambini. E dove c’è prevedibilità, c’è necessariamente anche la novità dettata dal contesto narrativo e che pone il protagonista (della vita o di una storia) di fronte a nuove sfide che vengono affrontate con poteri, abilità e con il sostegno di amici e aiutanti fidati.
Se allora le serie replicano con maggiore fedeltà le dinamiche della vita di tutti i giorni, si potrebbe allora dire che il libro autoconclusivo abbia in realtà qualcosa in meno, proprio in virtù della pretesa di dover mettere un punto, dare un senso, una direzione immutabile a un’esperienza, suscettibile solo delle differenze determinate dall’interpretazione soggettiva. Il libro è del resto figlio di un’esigenza di raccontare e tramandare esperienze che si è espressa prima di tutto attraverso l’oralità. L’Iliade e l’Odissea, prima di diventare due libri, sono state un patrimonio orale in continua evoluzione e il nome del loro autore è di conseguenza accomunabile a quei nomi fittizi di cui si accennava all’inizio dell’articolo e che non sono altro che altri personaggi inventati. Le «questioni omeriche» abbondano nel panorama editoriale delle serie.
Si parte dunque dalla vita vera e dalla sua intrinseca serialità, per arrivare al rituale del racconto, che precede la nascita del libro, per arrivare a comprendere come l’essere umano ami produrre e ricevere un racconto in determinati momenti, luoghi, secondo modalità predefinite. Dell’oralità sono del resto profondi conoscitori i bimbi in età prescolare, si tratti del racconto della buona notte inventato dal genitore, o della lettura a volte ossessiva della medesima avventura di questo o quell’altro personaggio.
Va anche detto che ci sono ragionamenti ben più biechi dietro al successo delle serie e che riguardano l’ottimizzazione degli investimenti degli editori in termini di comunicazione e pubblicità, strategia questa che va di pari passo con la prudenza rispetto all’investimento su nuove serie che non siano accompagnate da cartoni, film, giocattoli. E allora, tra i prodotti seriali, bisogna indicare anche i libri di Peppa Pig, di Masha e orso, e le cosiddette novelization, spesso mediocri (e spesso l’editore italiano non ha colpe) di molti cartoni animati. Il successo dei libri, in questi casi, è la conseguenza e non la causa, e la qualità appunto è altalenante, così come gli effetti in termini di promozione della lettura, quando qui si rischia di fare promozione indiretta del cartone animato.
La vita non imita l’arte, la vita imita la cattiva televisione, diceva Woody Allen in Mariti e mogli (o meglio, lo faceva dire a un suo personaggio). Forse, dai ragionamenti fatti, si potrebbe dire che la vita, nei casi migliori, imiti le buone serie.
d La prevedibilità è uno degli ingredienti di maggior successo, anche tra gli adulti E li si innesta la «novità» della trama