Siria, piani militari di Trump
Escalation della Casa Bianca dopo l’attacco con i gas in Siria. Il turco Erdogan: «Intervenite» Poi via al summit con il leader cinese. Attesi segnali distensivi su commerci e Corea del Nord
Impegnato nel vertice con il leader cinese Xi Jinping, il presidente Donald Trump sta «valutando» un’azione militare in Siria in seguito all’attacco chimico nella provincia di Idlib controllata dai ribelli. Il Pentagono ha pronte varie opzioni, mentre Trump si starebbe consultando con il segretario alla Difesa. Irritazione a Mosca, appoggio dal presidente turco Erdogan.
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Donald Trump sta «valutando» l’ipotesi di un’azione militare in Siria, proprio mentre si prepara al vertice chiave con il leader cinese Xi Jinping. Il presidente americano, secondo quanto riferisce la Cnn, ne avrebbe parlato con alcuni parlamentari e, in queste ore, si starebbe consultando con il segretario alla Difesa, il generale James Mattis. «Qualcosa dovrebbe accadere con Assad», ha detto poi ai giornalisti, spiegando che potrebbe presto parlarne col pre- In partenza Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sale a bordo dell’Air Force One diretto in Florida, per l’incontro con l’omologo cinese Xi Jinping (Reuters) sidente russo Putin.
Nessuna decisione è stata ancora presa, ma la svolta era evidente già mercoledì 5 aprile. Nella conferenza stampa con il re di Giordania Abdullah ll, Trump era apparso furibondo: «Dopo aver visto le immagini dell’attacco chimico, il mio atteggiamento verso la Siria e Assad è cambiato». Poco dopo il vice presidente Mike Pence aveva anticipato questa possibilità a Fox News: «Tutte le prove portano al regime di Assad. È un crimine che non possiamo tollerare: tutte le opzioni sono sul tavolo».
Mentre il presidente turco Erdogan invita l’America «a non far cadere nel vuoto» la condanna e ad «intervenire concretamente», la reazione di Mosca appare sorpresa e stizzita. Dmitri Peskov, storico portavoce di Putin, definisce «affrettata» la posizione di Trump: «Appioppare etichette a chicchessia in modo prematuro, non è un modo corretto di procedere». Maria Zakharova, portavoce degli Esteri, prova una contromossa: «La linea della Russia è chiara: Assad è il presidente legittimo di uno Stato indipendente. Qual è la posizione degli Stati Uniti?». Ma è esattamente questa domanda che ha suscitato l’indignazione dei parlamentari americani. Mercoledì sera, per i corridoi di Capitol Hill, non si trovava un solo repubblicano o un solo democratico che non dicesse: Assad se ne deve andare. Un ruggito rabbioso e bipartisan che ha attraversato Pennsylvania Avenue fino ad arrivare alla Casa Bianca. Anche questo ha pesato sull’umore di Trump.
L’escalation sulla crisi siriana scorre in parallelo al summit con il presidente cinese Xi Jinping, cominciato ieri sera con la cena nel resort di Mar-aLago in Florida. «Nessuno sa realmente che cosa potrà uscire dagli incontri — ha detto Trump a Fox —. La Cina non ci ha trattato nel modo giusto sul piano dei commerci per molti, molti anni. Nessun presidente si è fatto carico di questo come avrebbe dovuto fare. Inoltre abbiamo un problema con la Corea del Nord, quindi vediamo che cosa succede».
I due leader, comunque, vogliono evitare un fallimento in mondovisione. Le diplomazie stanno studiando uno schema di concessioni reciproche: segnali di apertura anche se limitati. Xi potrebbe accettare di lavorare insieme per contenere la minaccia nucleare nord coreana. In cambio Trump potrebbe glissare sull’attivismo di Pechino nel Mar Cinese. Sull’economia: Pechino potrebbe garantire un pacchetto di investimenti consistenti negli Stati Uniti e l’impegno ad aprire i mercati cinesi ai prodotti americani, riducendo il dazio del 25% sulle auto importate. In questo modo Trump potrebbe ridimensionare i piani protezionistici.