La frenata del Pd Renzi: crisi? Noi con il governo
Il Quirinale e un decreto sulla legge elettorale
Soffiano meno impetuosi i venti di crisi sulla maggioranza. A smorzare le tensioni le parole di Renzi: «Non voglio neanche sentire la parola crisi. Noi con il governo». E quelle di Alfano che dopo aver chiesto a Torrisi di dimettersi dalla presidenza della commissione Affari costituzionali e incassato un rifiuto chiude: «A questo punto è fuori dal partito». Sul fronte della legge elettorale il Quirinale lavora ancora per un’intesa, anche al ribasso con un decreto legge.
La tensione resta, ma il vento impetuoso di crisi che soffiava al mattino è diventato leggera brezza a sera. Sono bastate le parole di Angelino Alfano prima («Se il Pd vuole la crisi lo dica chiaro») e quelle spazzadubbi di Matteo Renzi nel pomeriggio («Non voglio sentire la parola crisi») per derubricare il «caso Torrisi» da mina pronta ad esplodere trascinando il Paese ad elezioni anticipate a «semplice» incidente, che lascia comunque strascichi pesanti nella maggioranza. L’elezione a sorpresa mercoledì del senatore di Ap Salvatore Torrisi a presidente della commissione Affari costituzionali del Senato (che si occuperà della legge elettorale) al posto di quella prevista del pd Giorgio Pagliari ha infatti scosso il Palazzo: oltre alle opposizioni, nel voto segreto potrebbero aver votato in dissenso dalle indicazioni anche bersaniani, centristi, perfino piddini. Un patto segreto anti-Renzi? Un modo per imporre una legge elettorale pienamente proporzionalista?
Di fronte alla drammatizzazione del Pd — «Siamo al dadaismo», diceva Matteo Orfini — è stato Alfano ad assicurare che «noi siamo stati leali, come sempre, e siccome non siamo nati ieri e abbiamo capito il giochino, dico che non ci stiamo: se qualcuno cerca pretesti per far cadere il governo e andare al voto anticipato, lo dica chiaro». Non solo: il leader di Ap ha intimato al suo senatore Torrisi di dimettersi, ricevendone in cambio un secco no («Richiesta inconcepibile, irrituale, manco nel Pcus sovietico...») e concludendo: «Prendo atto della scelta di Torrisi. Amen. Ha scelto la sua strada. Non rappresenta più Ap».
A chiudere la questione ha provveduto Renzi, frenando: «La discussione su un episodio grave e profondamente antipatico non può far tornare il linguaggio a quello della Prima Repubblica. Noi la parola crisi di governo non la vogliamo sentire. I giochini contro il Pd al Senato non vanno confusi con l’azione del governo, che va sostenuta e difesa». E ha rilanciato la palla agli avversari: «Ora sia il fronte che ha eletto Torrisi a fare una proposta di legge elettorale». La tensione resta.