Al lavoro in silenzio
Il coworking sedotto dall’estetica. E tra le idee fonoassorbenti, spunta una rosa
L’ufficio che verrà è idilliaco, pieno di pace, calma, rispetto del lavoratore. Anche se lo scopo ultimo è aumentare la redditività di quest’ultimo, la Storia ha visto sistemi peggiori. E all’interno delle proposte per lavorare meglio che affollano Workplace 3.0 la turbativa acustica, di norma ignorata nella vita in città, pare il nemico principale.
Tante le soluzioni: si va da Mosswall, pannello ricoperto di lichene realizzato da Fonology a Bubble di Faram, cabina insonorizzata e interamente connessa per fare riunioni con se stessi. Arper fa lavorare parecchio i suoi pannelli Parentesit (assorbono i rumori, illuminano, fanno da speaker) mentre Caimi ha ampliato la sua ricerca sui tessuti in poliestere e ai suoi tendaggi mangia-rumori ha aggiunto la decorativa rosa Si sboccia disegnata da Moreno Ferrari: se una non basta, un software stabilisce il numero necessario a ridurre il frastuono.
Universal Selecta punta su Chakra, trasparenti stanze insonorizzate a forma modificabile. Perché la flessibilità non tocca più solo al lavoratore, ma anche all’ufficio: poiché ristrutturare è oneroso, meglio prevedere arredi adattabili. Spiega Marco Predari, presidente di AssoUfficio: «Gli spazi condivisi sono stati a lungo la scelta più diffusa, ma le aziende hanno sempre bisogno di diversificazione. E fa piacere dire che ciò avvenga all’insegna di una sempre maggiore sensibilità verso gli impiegati». Alcuni datori di lavoro vecchio stile non approverebbero, ma sono questi gli uffici più richiesti alle aziende italiane, specie dall’estero.
«Dopo anni difficili, il 2016 ci ha dato un fatturato superiore al miliardo e duecento Legami Sopra Si sboccia, tendaggio in tessuto fonoassorbente, ideato da Moreno Ferrari per Caimi. Sotto, Dna di Leonardo Rossano e Debora Mansur per True, che crea un legame tra i dipendenti (Balti/LaPresse) milioni e un +2,6% rispetto al 2015. Le esportazioni sono al 50%, il design italiano è tornato forte negli Usa, e le aziende che aprono in Europa sono tante, da Amazon a Starbucks a Google».
Ricorrono spesso, tra gli entusiasti dell’ufficio «smart», i nomi del virtuale: Google, Facebook, Apple — come se quei nomi che avevano reso tangibile l’ipotesi di lavorare da casa fossero i più interessati a spazi comuni in cui esaltare una rilassata condivisione. E se gli italiani non ci pensano, lo faranno gli altri: Facebook è cliente dell’irlandese Smarter Surfaces, che fa diventare lavagne e schermi le pareti: «I muri di solito sono morti, con le nostre superfici diventano vivi e parlano, di business o di idee». Fantoni prova allora a ravvivare l’ambiente portando la casa in ufficio: i mobili Woods, con legni dai colori chiari e look molto leggero non stonerebbero in un appartamento, e suggeriscono un clima lavorativo rilassato quanto in famiglia (… si spera).
Il clima vero e proprio è tra le priorità di Dieffebi, specialisti in mobili in metallo riciclabile (e per un terzo, riciclato) con verniciatura atossica. La qualità dell’aria in ufficio è controllata da una combinazione di sensori elettronici e radici delle piante (la più adatta è la Sanseveria, pianta un po’ demodé ma sensibile). Estel pensa invece al clima tra colleghi: i momenti di verità in stile «Camera Café» di fronte alla macchinetta confluiscono nell’idea di Coffice, salette per riunioni rilassate e informali. Baobab viene incontro in modo elegante alle esigenze di coworking in open space in un mondo in cui il posto fisso non è più la norma. La presenza nello stand di famiglia di Andrea Stella, portavoce delle esigenze delle persone con disabilità, dà l’occasione per chiedere se l’arredo da ufficio si evolve anche in accessibilità. «Sì, però non solo: c’è attenzione per la persona in generale. Per esempio le scrivanie ad altezza regolabile, che sono sempre più richieste, sono utili non solo a chi è su una sedia a rotelle, bensì a chiunque: del resto un po’ diversi lo siamo tutti...».