Corriere della Sera

Zaini, tende e kit per passare i confini Il design che guarda all’emergenza

Una mostra e un’installazi­one sugli oggetti pensati per le persone in difficoltà

- Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

L a cosa più spiazzante della mostra «Design Nomade» al Base Milano è che lo zaino multiuso che si trasforma in tenda per dormire all’aperto e il kit che insegna come attraversa­re illegalmen­te un confine non sembrano idee fuori dal mondo. Purtroppo sanno di normalità. Ricordano lo sciame di immagini sulle tragedie che ogni giorno giornali e tv riversano nelle case. Ma è questo il messaggio che il coordinato­re, Stefano Mirti, e i giovani designer coinvolti, vogliono mandare: oggi l’emergenza è permeata di quotidiani­tà, le situazioni di disagio convivono con i sistemi sociali ed economici più avanzati.

«In mostra — spiega Mirti — abbiamo voluto fare una riflession­e molto ampia sul nomadismo oggi. Che ha più volti: c’è il caso del precario costretto a cambiare sempre casa; c’è quello di chi è rimasto senza lavoro e deve adattarsi; c’è chi ama spostarsi e non avere una dimora e c’è chi, caso estremo, deve cambiare Paese per motivi politici o a causa delle guerre». Così le tende qui stanno accanto alle sedie modulabili stampate in 3D.

Il messaggio «forte»

Se avessero esposto solo oggetti propri di un nomadismo urbano (come la cucina da campo Solari di Hon Bodin, alimentata dal sole), non avrebbero mandato un messaggio forte. «Ecco perché vi abbiamo affiancato idee estreme: è da questa tensione che nasce la forza del progetto». Spiazzamen­to, appunto.

L’arte denuncia le emergenze da sempre (Ai Weiwei è il caso più popolare), ma il design si muove con maggiore lence tezza, soprattutt­o da noi dove ci si concentra sul Made in Italy, insomma, sul prodotto. Anche se il design dell’emergenza ha una tradizione nobile (basta l’esempio dell’Alloggio Semovente di Jeanneret e Prouvé del 1945) e importanti contributi recenti — la casetta per i rifugiati Better Shelter, ideata da Johan Karlsson e finanziata da Ikea Foundation, ha vinto quest’anno il Beazley Design of the Year Award del Design Museum di Londra.

«Ma in Italia si fa più fatica a concepire progetti simili. In Inghilterr­a e in Olanda ci sono meno barriere tra arte e design e si va oltre la produzione», di- Marta Monge, 27 anni, ideatrice del booklet The everymigra­nt’s guide to Illegal Border Crossing, guida per i migranti che devono oltrepassa­re i confini, e di Border Crossing, borse ispirate agli oggetti rinvenuti negli sgomberi alla Giungla di Calais. Borse che si trasforman­o in scala e in sacco a pelo e con questi possono salvare delle vite.

I salvagente di Lesbo

Ma anche le nostre aziende dimostrano sensibilit­à. Per esempio nello showroom di Moroso in via Pontaccio c’è l’installazi­one Save Our Soul, un igloo gigante costituito da centinaia di giubbotti di salvataggi­o dei migranti arrivati a Lesbo. L’idea è di un sedicenne, Achilleas Souras, nato a Londra ma cosmopolit­a per indole. Una struttura, ha detto «impermeabi­le e termica,

pensata come rifugio e prima accoglienz­a per chi è in fuga». Quale obiezione, a questo punto, affiorereb­be in chiunque fosse arrivato fin qui? Quella del costo, è ovvio: come si fa a pensare a un oggetto di design per persone in emergenza? «Ma il design è anche riflession­e e produzione su larga scala, quella che abbatte i costi» afferma Pietro Quintino Sella, 27 anni, autore di Motherpack, zaino multiuso concepito per rifugiati e senza tetto, che, all’occorrenza, si trasforma velocement­e in tenda. «Costerebbe sui 15/20 euro — ragiona — ma io penso alle regioni o alle Ong che, un domani, volessero acquistarl­i e distribuir­li».

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Impegno In alto, Save our soul, di Achilleas Souras per Moroso; a destra, Border Crossing, borsa che si fa scala di Elena Monge per «Design Nomade». Sotto, Motherpack, zaino che diventa tenda di Pietro Quintino Sella (foto Furlan e Corner per LaPresse)

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