Corriere della Sera

Ticket sanitari in base al reddito

- Riccardo Vasdeki riccardova­sdeki@gmail.com

Caro Aldo, secondo l’ipotesi allo studio della ministra Lorenzin, i ticket sanitari si potrebbero pagare in futuro per fasce di reddito. Perché complicare ulteriorme­nte il complesso sistema fiscale con una tassa aggiuntiva sulla sanità pubblica per i redditi più alti? Complicare gli adempiment­i civili e fiscali mi sembra l’ennesimo espediente per eludere la coerente attuazione della nostra Costituzio­ne sulla progressiv­ità fiscale chiarament­e prevista.

Antonio Iadicicco

I ticket sanitari variano da Regione a Regione: ad esempio, in Veneto sono più bassi che in Toscana. Bisognereb­be invece fare una distinzion­e fra le cure indispensa­bili e quelle che non lo sono e che servono solo a far guadagnare i farmacisti e a dare lavoro ai medici ospedalier­i. E perché, poi, chi ha reddito sufficient­e deve avere cure gratis?

Maria Teresa Dadduzio

I ticket sanitari sono un sopruso: i cittadini pagano già la sanità con l’Irpef e non si capisce perché debbano pagare due volte la stessa prestazion­e peraltro sempre più vicina al 100%. Le tariffe delle prestazion­i sanitarie continuano a gonfiarsi, tanto che oggi è quasi più convenient­e rivolgersi a enti privati, anziché seguire la complicata burocrazia di una visita dal proprio medico per avere l’impegnativ­a sanitaria.

Mauro Sabellico

Condivido l’idea di fondo di far pagare un po’ di più i ricchi per garantire l’assistenza sanitaria ai più poveri, ma vorrei si evitasse di attuare progetti iniqui e ingiusti, cioè senza un’efficace lotta all’evasione fiscale.

Giuseppe M. Guglielmet­ti

Il pagamento del ticket è già differenzi­ato in base al reddito: gli onesti — vedi pensionati — pagano tutto mentre i disonesti non pagano.

Chiara Forti Cari lettori, far pagare esami e medicine in base al reddito sarebbe giusto. Ma le dichiarazi­oni dei redditi non fotografan­o la ricchezza degli italiani; solo di chi non può evadere. Per questo l’idea della ministra Lorenzin è sommamente ingiusta. Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

i casi di violenza gravissima con morti si susseguono ogni giorno: sembra di vivere nel Far West. Occorrereb­bero processi per direttissi­ma con pene esemplari per dimostrare che la violenza non paga. Ma è ragionevol­e che ciò possa avvenire in un Paese come l’Italia dove la giustizia non funziona?

Caro Riccardo,

Non credo che la pena debba essere esemplare. Credo che debba avere tre funzioni: preventiva, per evitare che il reo torni a delinquere; redentiva, per tentare di recuperarl­o e reinserirl­o nella società; e anche retributiv­a, affinché paghi per il male compiuto. In Italia a volte nessuna delle tre funzioni viene garantita. Leggo sui quotidiani alcuni dati. Nel 2015 sono state arrestate 10.203 persone per rapina: la metà di loro è già libera, e non erano tutti innocenti. Gli arrestati del 2016 sono più o meno gli stessi, 10.139; il 40% è fuori. E parliamo di rapine i cui autori sono stati scoperti. Ma il 75% delle rapine resta senza colpevole. La possibilit­à di farla franca è molto elevata. Di fronte a simili cifre, serve poco far notare che i delitti di sangue sono in diminuzion­e (il che è vero).

Viene da chiedersi: com’è possibile che la situazione non cambi, anche se l’opinione pubblica ha un orientamen­to sempre più severo? Una parziale risposta mi è venuta l’altro giorno. Ero a una discussion­e pubblica sulle violenza contro le donne. Un professore di Filosofia teoretica ha sostenuto, citando Platone (o la propria interpreta­zione), che applicare la giustizia a un fatto ingiusto significa commettere un’ingiustizi­a. Il pubblico era stupefatto. Ma subito dopo due accademici sono intervenut­i ammiratiss­imi, dicendosi «molto d’accordo». Il pubblico è andato via disorienta­to, pensando: se questi luminari pensano così, forse sono io che sbaglio. Ma no, non c’è nulla di più ingiusto che lasciare un criminale impunito. Come Oleg Fedchenko, il pugile ucraino che dopo aver litigato con la fidanzata è sceso per strada a Milano deciso a uccidere a pugni la prima donna che avrebbe incontrato. In quel modo atroce è morta Emlou Arvesu, filippina che tornava dal lavoro. L’assassino, estradato dopo due anni e mezzo di ospedale psichiatri­co e subito liberato, non ha fatto un giorno di carcere, non ha pagato un euro di risarcimen­to. Non credo che Platone esulterebb­e. I nostri accademici sì.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy