La Thailandia punta a Nord, Chiang Mai capitale del benessere
L’ex vertice del triangolo d’oro è ora un laboratorio di turismo eco sostenibile: dall’oppio allo yoga
iente più delle decine di baracchini traboccanti di spiedini di tarantole, serpenti colubrini grigliati e larve al peperoncino e aglio descrivono il passato e il presente della Cambogia. Il simbolo della catena di miseria che per secoli strinse e quasi soffocò uno dei popoli più misteriosi della terra è ora diventato una specie di attrazione per turisti coraggiosi. E un manifesto per chi, come Angelina Jolie che ha un figlio cambogiano e qui ha portato e filmato la numerosa prole mentre assaggiava insetti vari, ritiene che il futuro alimentare del Pianeta sarà fatto di scarafaggi e scorpioni.
Appena arrivati ad Angkor Wat, più importante sito archeologico del sudest asiatico e unico vero motivo (ma forse non più) per venire in Cambogia, ci pensa Karo, guida italian speaking, a chiarire come stanno le cose. Con ironia e crudeltà: «Quando qui sono arrivati i francesi, hanno detto: thailandesi, tigri. Vietnamiti, coccodrilli. Cambogiani, conigli». A Siem Reap, la cittadina che vive attaccata come un ficus strangolatore alla meraviglia dei tempi angkoriani abitano 80 mila persone, 4 mila di loro fanno la guida. Di questi, 41 parlano italiano.
Il biglietto per visitare il parco archeologico (400 chilometri quadrati, cioè un po’ più grande di Firenze) costa 37 dollari per 1 giorno, 62 per tre, 72 per una settimana: c’è moltissimo da vedere, bisogna restarci almeno tre giorni. Siem Reap è una bolgia ancora abbastanza gradevole di locali di ogni genere, ristoranti deliziosi (come il Chamkar, rifugio per vegetariani) e alberghi belli e poco costosi: un backpaker può concedersi piccoli resort con piscina, spa, camere spaziose e super colazione per 20-30 dollari al giorno.
Qui si può fare di tutto: le agenzie turistiche organizzano dalla visita ai villaggi galleggianti del Tonle Sap, ai corsi di cucina, alla (finta) raccolta lle 6 e 30 il sole si piazza al centro dell’arco che domina l’ingresso dell’hotel, neanche fosse opera di Leonardo. Il direttore raccomanda agli ospiti di non perdere lo spettacolo, prima della lezione di yoga. Il resort Dhara Dhevi, alle porte di Chiang Mai, profondo Nord della Thailandia, è un villaggio costruito come un complesso di templi. Immerso nella foresta, sul limitare delle risaie. Sembra Tra le destinazioni più interessanti l’elegante (e fresca) cittadina rurale di Kampot
percorsi la Cambogia raramente viene considerata come meta a sé. E invece è il momento di dedicarle una attenzione tutta sua: è un monumento alle meraviglie della natura, alla complessità della storia dell’uomo e anche alla brutalità che sa concepire.
Phnom Penh, ex «perla d’Asia» e ora vivace e caotica metropoli di dimensioni medio piccole, mostra quasi intatte le ferite lasciate dai 3 anni, 8 mesi e 21 giorni del malvagio regime di Pol Pot: ogni cambogiano conosce questa espressione, perché 3 anni, 8 mesi e 21 giorni sono la misura inarrivabile della sofferenza sopportata. Per capire qualcosa bisogna dedicare una visita a uno dei killing fields più noti, il Choeung Ek Memorial, un ex frutteto a 15 chilometri dalla capitale: le audioguide spiegano con chiarezza le dimensioni e le modalità del massacro, al centro del sito c’è una stupa dalle pareti in plexiglass che contiene 5000 teschi umani. Da vedere anche il Tuol Sleng Genocide Museum, dove si trovava l’S-21, una ex scuola trasformata antico, ma si tratta di un’abile ricostruzione dove ritrovi lo stile di vita della cultura Lanna, e infatti nel craft village le donne mostrano l’artigianato, cotone e seta tessuti a mano e sorprendenti ghirlande di fiori profumati inanellate che poi offrono ai turisti. Si può scegliere di alloggiare negli appartamenti coloniali o nelle ville con giardino (preferite dagli asiatici ricchi che arrivano per rilassarsi nel Il Dhara Dhevi, il resort che sembra un tempio a Chiang Mai weekend tra un massaggio ayurvedico, un trattamento di bellezza, e un cocktail in piscina, con cena finale, ovviamente romantica). Data la vastità del resort, i pigri e quelli che faticano a orientarsi, vengono accompagnati negli spostamenti con le macchinette.
Il Nord della Thailandia, chiamato Triangolo d’oro (insieme a Birmania e Laos) per la bellezza del posto e i colori della natura, ma anche per la produzione dell’oppio, prima che il re intervenisse con i Royal Project per convertire le colture in caffé e the è la meta lontana dal turismo di massa. «A Chiang Mai si viene per conoscere la vera Thailandia», sottolinea Yuthasak Supasorn, governatore dell’Ente del Turismo (TAT), che suggerisce di scoprire anche Sukhothai, con eventuale puntatina al Sud nei mari di Krabi e Phang-nga. La Thailandia, seconda meta turi-