Il film che fa infuriare Marine Le Pen
Il regista di «Chez nous»: la somiglianza della protagonista con la leader del Front National è voluta
L’appuntamento è fissato per il 13 giugno: una conferenza per saggiare lo stato del cinema italiano dopo una stagione che sta dando più di una delusione al box office. L’ha annunciata Francesco Rutelli, presidente dell’Anica, sperando che, per allora, i decreti attuativi della nuova legge sull’audiovisivo siano attuativi e che, dunque, gli strumenti di intervento siano a disposizione degli operatori.
Proprio sul rapporto tra sala e pubblico del cinema sullo sfondo di cambiamenti e nuove modalità di visione che rischiano di rendere la sala sempre più residuale si è discusso ieri a Roma, nel convegno «Il futuro urbano dei cinema», organizzato da Anica con gli esercenti di Anec e Anem. «Il cinema non può prescindere dalla sala. La legge Franceschini può aiutare a ridefinire gli spazi dentro e fuori la leva sul malcontento diffuso — siamo nel profondo nord della Francia — sulla disoccupazione, i negozi che chiudono, gli stranieri che portano via il lavoro, il medico la convince a candidarsi come sindaco.
Un ruolo che le permetterà di alleviare la sofferenza della gente, di migliorare la loro vita. «Lusinghe che fanno leva sull’emotività, le radici cristiane da difendere contro altre fedi, una comunità stravolta dall’urbanizzazione selvaggia, spaventata da un mondo che cambia velocemente, da un progressivo impoverimento. Tutto questo determina una perdita d’identità culturale che mette gli uni contro gli altri. E dalla solitudine si passa al risentimento, dal risentimento alla paura, dalla paura
Francesco Rutelli (64) ex ministro ed ex sindaco di Roma (dal 1993 al 2001), da ottobre 2016 è presidente dell’Anica sala», sostiene Rutelli. Evoca «centri polifunzionali di cui sia parte decisiva la sala cinematografica: luoghi di incontro, degustazione, attività commerciali ed altre attività che sono motivo d’attrazione per il pubblico, specialmente per i giovani».
Platea densa di addetti ai lavori e contributi doc, via video, di registi che il pubblico, i suoi gusti e le sue abitudini, lo conoscono bene. Come Paolo Sorrentino che sogna luoghi competitivi con il «comfort della casa, reinventati come hanno saputo fare gli stadi del calcio». O Paolo Virzì che suggerisce sale «accoglienti e appetitose: offrire solo i popcorn mi pare un autogol in un Paese che fonda la sua civiltà sul cibo. Vorrei anche la ribollita». Invoca idee più azzardate, più curiosità nell’offerta Carlo Verdone e, insieme eleganza e qualità («Il cinema deve essere Candidata Émilie Dequenne (35 anni, al centro) in una scena di «Chez Nous» all’odio».
Pauline si lascia sedurre, viene iniziata ai segreti della campagna elettorale. Le tingono i capelli dello stesso colore della leader maxima, impara come muoversi e parlare «mai usare termini razzisti, basterà dire “gentaglia” e tutti capiranno».
La sua vita cambia radicalmente, il padre comunista taglia i ponti con lei, alcuni amici si allontano. Capirà troppo tardi di essere solo una marionetta da manovrare secondo direttive superiori, dietro cui si muovono forze oscure e violente di stampo paramilitare. «È ciò che succede in Francia ogni giorno, ma è anche una marea che dilaga in tutta Europa — assicura Belvaux —. L’obiettivo del film, politico sì ma non militante, è denunciare le insidie del populismo, svelare i meccanismi con i quali riesce a conquistare un così grande consenso, soprattutto nelle classi meno abbienti, compresi molti figli e nipoti di quelli immigrati che si vorrebbero cacciare».
L’elettorato che un tempo trovava il suo riferimento nei partiti tradizionali. «Il crollo delle ideologie ha creato il qualunquismo, la sinistra è diventata autoreferenziale, ha perso il contatto con la gente comune. Ha dimenticato chi lavora, chi patisce. Non essendoci più idee né ideali si punta alla “pancia”, si evocano fantasmi di demagogia e totalitarismo. Si prendono candidati alle prime armi, che non hanno esperienza, manipolabili dal capo sommo, che pensa e decide per tutti. Suona familiare anche da voi?».