E Delrio disse: noi e tutta l’Europa solo spettatori
Delrio: noi e gli altri, solo spettatori. E nel governo diventano tutti trumpisti
Dopo lo strike americano nel cortile davanti casa, l’Europa resta a guardare incapace persino di parlare.
Le parole giuste In Consiglio dei ministri si discute delle difficoltà dell’Europa nel definire un testo condiviso
L’Europa non riesce a trovare le parole, anzi la parola per commentare con una sola voce l’azione missilistica in Siria decisa da Trump. E se ieri, durante la riunione di governo, Delrio è arrivato a dire che «noi, come tutti gli altri Paesi dell’Unione, siamo solo spettatori», non è stato certo per criticare la scelta di punire Assad per un (altro) atto criminale. E nemmeno perché lo stato maggiore della Difesa statunitense ha informato quello italiano solo a ridosso dell’operazione. Il problema non era nemmeno che Berlino e Parigi fossero stati avvertiti prima, visto che tedeschi e francesi — come ha spiegato la Pinotti — sono militarmente impegnati in quell’area.
L’amara considerazione del ministro per le Infrastrutture è stata piuttosto il frutto di una constatazione seguita all’intervento del presidente del Consiglio. È maturata dopo che Gentiloni ha raccontato gli sforzi del ministro degli Esteri europeo, Mogherini, il suo tentativo di «trovare l’intesa» di tutti i paesi dell’Ue sul testo di un documento che esprima la comune posizione dell’Unione sull’attacco americano, la ricerca di un aggettivo che formalizzi il giudizio dei Ventisette sull’operato di Trump. Il termine su cui si lavora è «comprensibile»: sarebbe stata insomma un’operazione militare «comprensibile». Ma per arrivare a un accordo — è stato spiegato — «i tempi non saranno brevi».
E mentre l’Europa si attorciglia sul lessico, la Russia già chiude la linea diretta con gli Stati Uniti che serve a evitare «incidenti» sulla Siria tra aerei militari delle due potenze. A
dimostrazione che la prudenza e l’accortezza diplomatica nel cercare la parola giusta non sono che un alibi dietro cui celare l’inadeguatezza dell’Unione a reagire davanti a uno scenario di guerra nel cortile vicino casa. Delrio lo ha denunciato, «siamo solo spettatori», pur condividendo l’aggettivo usato dal governo, «giustificabile», sembrato ai ministri corretto e misurato.
In un gabinetto dove il solo Alfano non si era schierato per la Clinton, è parso che tutti fossero diventati trumpisti e che si fossero sostituiti ai populisti e ai sovranisti italiani — di cui si è discusso — rimasti spiazzati dalla mossa di Washington. A parte il fatto che importare modelli politici stranieri può essere redditizio ma alla lunga costringe a pagare un dazio, la presa di posizione dell’esecutivo è stata per un verso un riflesso condizionato del vecchio filo-americanismo, per un altro il convincimento che lo strike può produrre effetti positivi.
A detta di Gentiloni «può favorire una ripresa del processo di pace che stava colpevolmente languendo». «Tranquillizza la Turchia», secondo la titolare della Difesa, sebbene «la tensione con Mosca» — tutor del regime siriano — «sia molto alta». In ogni caso, a giudizio di Minniti, l’episodio chiarisce «l’autonomia della nuova Amministrazione» rispetto alla Russia, «cosa sulla quale molti dubitavano». E rivela che larga parte dell’opposizione italiana tifava per Trump ma era e resta collegata solo a Putin.
Poi è arrivato Delrio a dire che il re è nudo, che l’Europa è solo una spettatrice affacciata alla finestra. Eppure è coinvolta da questi eventi che rischiano di travolgerla. Ce n’è traccia nella discussione al Consiglio supremo di difesa, convocato da Mattarella alla vigilia dell’attacco americano: Libia e (appunto) Siria sono stati i due temi sensibili affrontati. E c’è un motivo se il presidente della Repubblica — a pochi giorni dalla visita di Stato a Mosca — aveva «apprezzato» l’atteggiamento russo, che sul massacro di Idlib stava prendendo le distanze dalla linea assunta da Assad: questo atteggiamento gli avrebbe reso meno problematico l’incontro con Putin. Ora invece dovrà cercare le parole per fornire un contributo al processo di distensione. Parole che l’Europa non trova.