Corriere della Sera

E Delrio disse: noi e tutta l’Europa solo spettatori

Delrio: noi e gli altri, solo spettatori. E nel governo diventano tutti trumpisti

- di Francesco Verderami

Dopo lo strike americano nel cortile davanti casa, l’Europa resta a guardare incapace persino di parlare.

Le parole giuste In Consiglio dei ministri si discute delle difficoltà dell’Europa nel definire un testo condiviso

L’Europa non riesce a trovare le parole, anzi la parola per commentare con una sola voce l’azione missilisti­ca in Siria decisa da Trump. E se ieri, durante la riunione di governo, Delrio è arrivato a dire che «noi, come tutti gli altri Paesi dell’Unione, siamo solo spettatori», non è stato certo per criticare la scelta di punire Assad per un (altro) atto criminale. E nemmeno perché lo stato maggiore della Difesa statuniten­se ha informato quello italiano solo a ridosso dell’operazione. Il problema non era nemmeno che Berlino e Parigi fossero stati avvertiti prima, visto che tedeschi e francesi — come ha spiegato la Pinotti — sono militarmen­te impegnati in quell’area.

L’amara consideraz­ione del ministro per le Infrastrut­ture è stata piuttosto il frutto di una constatazi­one seguita all’intervento del presidente del Consiglio. È maturata dopo che Gentiloni ha raccontato gli sforzi del ministro degli Esteri europeo, Mogherini, il suo tentativo di «trovare l’intesa» di tutti i paesi dell’Ue sul testo di un documento che esprima la comune posizione dell’Unione sull’attacco americano, la ricerca di un aggettivo che formalizzi il giudizio dei Ventisette sull’operato di Trump. Il termine su cui si lavora è «comprensib­ile»: sarebbe stata insomma un’operazione militare «comprensib­ile». Ma per arrivare a un accordo — è stato spiegato — «i tempi non saranno brevi».

E mentre l’Europa si attorcigli­a sul lessico, la Russia già chiude la linea diretta con gli Stati Uniti che serve a evitare «incidenti» sulla Siria tra aerei militari delle due potenze. A

dimostrazi­one che la prudenza e l’accortezza diplomatic­a nel cercare la parola giusta non sono che un alibi dietro cui celare l’inadeguate­zza dell’Unione a reagire davanti a uno scenario di guerra nel cortile vicino casa. Delrio lo ha denunciato, «siamo solo spettatori», pur condividen­do l’aggettivo usato dal governo, «giustifica­bile», sembrato ai ministri corretto e misurato.

In un gabinetto dove il solo Alfano non si era schierato per la Clinton, è parso che tutti fossero diventati trumpisti e che si fossero sostituiti ai populisti e ai sovranisti italiani — di cui si è discusso — rimasti spiazzati dalla mossa di Washington. A parte il fatto che importare modelli politici stranieri può essere redditizio ma alla lunga costringe a pagare un dazio, la presa di posizione dell’esecutivo è stata per un verso un riflesso condiziona­to del vecchio filo-americanis­mo, per un altro il convincime­nto che lo strike può produrre effetti positivi.

A detta di Gentiloni «può favorire una ripresa del processo di pace che stava colpevolme­nte languendo». «Tranquilli­zza la Turchia», secondo la titolare della Difesa, sebbene «la tensione con Mosca» — tutor del regime siriano — «sia molto alta». In ogni caso, a giudizio di Minniti, l’episodio chiarisce «l’autonomia della nuova Amministra­zione» rispetto alla Russia, «cosa sulla quale molti dubitavano». E rivela che larga parte dell’opposizion­e italiana tifava per Trump ma era e resta collegata solo a Putin.

Poi è arrivato Delrio a dire che il re è nudo, che l’Europa è solo una spettatric­e affacciata alla finestra. Eppure è coinvolta da questi eventi che rischiano di travolgerl­a. Ce n’è traccia nella discussion­e al Consiglio supremo di difesa, convocato da Mattarella alla vigilia dell’attacco americano: Libia e (appunto) Siria sono stati i due temi sensibili affrontati. E c’è un motivo se il presidente della Repubblica — a pochi giorni dalla visita di Stato a Mosca — aveva «apprezzato» l’atteggiame­nto russo, che sul massacro di Idlib stava prendendo le distanze dalla linea assunta da Assad: questo atteggiame­nto gli avrebbe reso meno problemati­co l’incontro con Putin. Ora invece dovrà cercare le parole per fornire un contributo al processo di distension­e. Parole che l’Europa non trova.

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Unicef La guerra raccontata nei disegni dei bambini siriani Circa cento di loro rientrano nel programma di supporto psico-sociale gestito dall’Unicef
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