Corriere della Sera

L’ipotesi Usa su Assad: via, con garanzie Mosca avverte: niente cambi a Damasco

Dopo l’attacco, la Casa Bianca mantiene la pressione sul presidente siriano: «Ulteriori sanzioni Onu» Mosca: «Fate il gioco dei terroristi». Ma c’è un piano per rilanciare il negoziato. Minacce dalla Nord Corea

- Breda, Gaggi, Gorodisky, Mazza, Sarcina, Valentino

Dopo il raid Usa in Sira, le diplomazie sono al lavoro per stemperare le tensioni tra Russia e America. La proposta di Washington a Mosca: «Via Assad con garanzie». Ma il Cremlino fa sapere: niente cambi al comando in Siria. Suslov, l’analista vicino a Putin: «Mosca tollera un raid. Ma Trump rischia la rottura se l’obiettivo è il regime».

Dopo i missili, la politica. Da Mosca arrivano segnali ambigui. Ieri, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha parlato al telefono con il segretario di Stato Rex Tillerson, rinfaccian­do agli Stati Uniti di «fare il gioco dei terroristi». Dichiarazi­oni furibonde, ma i due hanno comunque confermato l’incontro al Cremlino previsto per l’11 e il 12 aprile.

Il lancio di 59 missili Tomohawk sulla base aerea di Sharyat, nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, ha ridato centralità agli Stati Uniti e ricompatta­to, almeno su questo fronte, il Congresso americano. Per il momento Donald Trump tiene alta la pressione sul regime di Bashar al Assad. Il ministro del Tesoro americano Steven Mnuchin annuncia: «Ci saranno ulteriori sanzioni sulla Siria. Ci aspettiamo che abbiano un effetto importante, impedendo alle imprese di fare affari con Damasco». E il Pentagono fa sapere che si sta indagando a fondo sulle possibili complicità russe nel raid imputato ad Assad che, martedì 4 aprile, ha asfissiato con il gas 87 persone, di cui 28 bambini.

Ma le sanzioni, evidenteme­nte, non basteranno. Una parte dell’amministra­zione preme per togliere il potere al raìs siriano. Lo stesso Tillerson si è spinto molto avanti nei giorni scorsi, annunciand­o che «sono già in corso i passi necessari». L’altro ieri, però, il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer ha glissato sulla domanda diretta: Trump pensa che Assad debba lasciare?

Ecco allora che la missione di Tillerson al Cremlino sarà cruciale. Secondo informazio­ni raccolte dal Corriere nel Congresso e negli ambienti diplomatic­i di Washington, il segretario di Stato proporrà ai russi di lavorare su una formula «creativa» e nello stesso tempo «pragmatica». Tillerson si sorbirà di nuovo le lunghe lamentazio­ni di Lavrov, ma poi solleverà la questione chiave: possibile che solo Assad possa garantire gli interessi russi nella regione, a cominciare dalla base navale di Tartus? L’idea è quella di rilanciare un negoziato aperto a tutti le formazioni combattent­i siriane, esclusi naturalmen­te l’Isis e gli altri gruppi islamisti radicali. Come, per altro, chiedono da molto tempo l’Onu, l’Unione Europea, la Turchia. In cambio gli americani sarebbero pronti a dare le assicurazi­oni necessarie ai russi. Anche se poi resterebbe da affrontare il confronto con l’Iran, l’altro sponsor di Assad.

Se Mosca respingerà in blocco questa proposta, continuerà questa fase piena di incognite e di pericoli, compreso il rischio di un’escalation militare. Le pressioni sul presidente Usa si stanno moltiplica­ndo. Un solo esempio. Il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavasoglu sostiene che «l’intervento americano sarà solo cosmetico se non si andrà oltre il lancio dei missili. Assad se ne deve andare». E la Turchia è un attore cruciale nell’area. La diplomazia dovrà muoversi con rapidità, perché la tensione internazio­nale sta toccando i massimi livelli. Basta leggere il commento che arriva dalla Corea del Nord: «Gli Usa sono responsabi­li di un imperdonab­ile atto di aggression­e, questo dimostra un milione di volte in più quanto sia stata giusta la nostra scelta di sviluppare un sistema di armi nucleari».

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Casa Bianca Donald Trump, 70 anni, è il 45esimo presidente americano. È in carica dal 20 gennaio scorso dopo aver battuto Hillary Clinton a novembre (Ap)
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