Corriere della Sera

DE MASI PARLA DI LAVORO (E TEORIZZA L’OZIO)

- Di Aldo Grasso

L’ozio è il padre degli sfizi, un intervallo di lucidità. Il sociologo Domenico De Masi (classe 1938, ma da Lilli Gruber ha tenuto a ribadire di percepirsi diciottenn­e) si dà un gran da fare. Lo vediamo spesso in tv, partecipa a convegni, tiene conferenze, scrive libri. Ieri, per esempio, era ospite d’onore a Ivrea per spiegare il futuro del lavoro alla Casaleggio Ass. e a Beppe Grillo. Il M5S gli aveva commission­ato una ricerca: «Lavoro 2025».

Lavoro, sempre lavoro. Strano destino per uno studioso che da anni teorizza l’ozio. Ozio creativo, s’intende, qualcosa di molto diverso dalla pigrizia o dalla nullafacen­za, ma pur sempre ozio: meno ore di fatica, libero e piacevole uso delle proprie forze, soprattutt­o spirituali, all’infuori da ogni bisogno o scopo pratico (è l’otium dei Latini). L’inazione nasce dagli dei.

Nel romanzo «La lentezza», Milan Kundera scrive una cosa importante: «Nel nostro mondo l’ozio è diventato inattività, che è tutt’altra cosa: chi è inattivo è frustrato, si annoia, è costanteme­nte alla ricerca del movimento che gli manca».

L’intuizione di Casaleggio padre è stata proprio quella di mettere in connession­e sulla Rete persone «inattive e frustrate», dando loro il movimento che gli mancava, il M5S. Adesso però finiscono per essere troppo attivi.

Lavorando sodo, De Masi potrebbe spiegare loro (e a noi) che «l’attività del cretino è molto più dannosa dell’ozio dell’intelligen­te» (Mino Maccari).

Sociologo Domenico De Masi, 79 anni, è professore alla Sapienza di Roma

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