La bimba travolta sulle strisce che non ci proteggono più
La bambina vestita di rosso è per terra, di schiena, le gambette in alto, come per un capitombolo. Ma capitombolo non è, un motociclista l’ha «abbattuta» — secondo il linguaggio senz’anima dei videogiochi che fanno vincere a chi ammazza più esseri umani — in piene strisce pedonali, nel pomeriggio luminoso di ieri a Milano: impossibile perciò addurre nebbia, buio, poca visibilità per l’incidente. Era uscita con la nonna, la bambina, e chi l’ha messa sotto per età avrebbe potuto essere suo nonno, non il solito ragazzo senza freni che, grazie a una bevuta un po’ abbondante, pretende di essere il centauro più veloce della città e nemmeno il solito immigrato alla guida di un mezzo che non ha ancora imparato a governare. È stato un signore di 65 anni, imprenditore, persona seria, si direbbe, anche se, come poi si scopre, privo di patente e di
assicurazione. Ma questa è soltanto la prima scena. La seconda è forse anche peggiore perché il motociclista, dopo aver «abbattuto» il piccolo, evidentemente insignificante ostacolo, rallenta per un attimo, scambia una battuta con la nonna e, come se la bambina travolta (che per fortuna sta bene) fosse una specie di effetto collaterale, continua la sua corsa. Poco intelligente, anche, l’imprenditore, perché i pirati la polizia li trova quasi sempre e infatti l’hanno trovato. «Solo in Italia» è una frase che non si può più sentire, conversazione da bar ormai di prammatica. Però è vero, verissimo che solo in Italia le strisce pedonali non contano nulla, non proteggono, non preservano, non sono zona franca per i pedoni. Non è un caso che chi vi si avventura, prima di osare l’attraversamento controlla guardingo a destra e a sinistra. E se un’auto (o una moto) a sorpresa, si ferma, il fortunato umilmente ringrazia con un cenno per non essere stato abbattuto.