Porte aperte alla curiosità Il pubblico al Salone da ieri si mescola con i buyer. E fa la «prova» dei mobili
«V eniamo a vedere ciò che non possiamo permetterci», ridono ai tornelli Carla e Franca, coppia veneta. «Voi giornalisti ne parlate tanto, dovevamo venire», fanno Enzo e Maura di Brescia. «We Korean, we tourist! We Duomo, we Saloon», spiega una famiglia di Seoul il cui cognome somiglia molto a We. Il sabato il Salone apre al pubblico ma è un giorno ibrido, spiegano gli espositori. «Molti buyer sono ancora qui», spiega Leonardo e Indica uno appena uscito dallo stand Baldi (al cui passaggio qualcuno ha bisbigliato il nome Huawey). «Aveva al polso mezzo Pil cinese. Però è bello anche vedere italiani, che di norma non ci conoscono: facciamo 100% export, la nostra unica sede europea è a Londra presso Harrod’s».
Oggi è anche il giorno dei selfie: Elena Prolo espone un letto morbidissimo e sa che tanta gente lo vorrà provare. «Non ci opponiamo, lo mettiamo in conto». Il mantra «Niente foto» però è diffuso tra classico, extralusso e stand ad alto tasso di innovazione. Pasquale Iervolino del marchio I Nobili, coerentemente col brand si preoccupa per l’assalto popolare. «Oggi ci sono sia pubblico che buyer, che però sono meno sereni nel trattare con dei curiosi. Forse dovremmo tornare ad aprire ai visitatori solo l’ultimo giorno». Mancano gli hipster cittadini, attratti dal Fuorisalone, ma vengono molte famiglie, anche se la fiera non offre molto per i bambini, come osservano Andrea, Martina e Daniela, che mangiano in mezzo al pubblico ma sono espositori (Verzelloni, da Parma). Martina indica le due rampolle: «Loro si divertono lo stesso». Sul prato c’è anche Xiang, businessman cinese poco ferrato con le lingue. Una traduttrice, dopo un lungo dialogo ci comunica che il salone «Gli piace». Chiediamo un ultimo sforzo: quali stand gli garbano? Altra discussione dai toni gravi, poi la risposta: «Le luci».
Più positive una coppia di Milano, Laura e Alessandro, e una di Roma, Paola e Marco, venute insieme per la prima volta a Rho: «Un’efficienza eccezionale. Purtroppo non riusciremo a vedere tutto, questa è una città». La pausa pranzo non è un delirio come durante la settimana, dice Teresa, responsabile del trafficato punto Autogrill, da diversi anni al Salone. «Si sgobba più in settimana con gli addetti, che coi visitatori. Anche qui gli italiani spendono meno. E pure gli europei, rispetto a cinesi e russi. Ma un po’ di tregua è benvenuta». Non si lamenta chi vende il merchandising del Salone: il responsabile dello shop, Stefano Ghilardi, lo valuta ne «il 70% in più dell’anno scorso, specie grazie agli stranieri. Il Salone lascia la voglia di portarsi un ricordo». Accanto a trolley, carte del Mercante in Fiera (...ovviamente), eleganti cartelle e moderne smart-pen, furoreggia lo scalimetro ufficiale. Anche presso chi non sa cosa sia: «Ne vendiamo cento al giorno», spiega Ghilardi. E girando per il viale Cristina di Desio e Laura di Milano vendono persino il catalogo. Malgrado il costo (20 euro) e la modernità delle app, «Molti stranieri lo prendono perché gli semplifica la vita. Qualcuno ne fa anche la raccolta».
Ci blocchiamo tutti – passa il Presidente del Consiglio. Il viale è bloccato dalla sicurezza, e sciamano Gentiloni e il nugolo di poliziotti, assistenti, rappresentanti del Salone, fotografi. Viriamo verso il Salone Satellite, dove Roger, tra i sorveglianti,
Souvenir «Peccato non poter veder tutto, questa è una città». E vanno a ruba catalogo e gadget
dice: «L’affluenza si è impennata da giovedì». In uno stand l’austriaco Kurt sta provando Paradosso, brandina semi-verticale del 26enne belga PierreEmmanuel Vandeputte, per dormire in piedi – o almeno rilassarsi. Kurt pare un esperto: «Quando ci si appoggia anche solo a un muro, si toglie almeno il 20% del peso da piedi e gambe». Sorride, saluta e forse va a fare i calcoli; Pierre-Emmanuel lo guarda sospettoso (che sia un concorrente?) poi si appoggia anche lui. E si rilassa.