Corriere della Sera

I missili di Trump

- Ordinario di Sociologia Università «Sapienza» di Roma Donatella Paradisi paradisido­natella@ gmail.com

Qualcuno doveva prendere una decisione e agire in Siria con i missili. C’è da sperare che non prevalgano «istinti muscolari» — che si giustifica­no perché andavano presi —, ma prevalga il buon senso di evitare ulteriori frizioni che portino a una «escalation» di tensioni tra grandi potenze.

Adalberto de’ Bartolomei­s

I crimini commessi da Assad contro i civili sono ripugnanti. Finalmente per la prima volta l’Europa ha parlato con una sola voce contro il criminale!

Antonello Pennese

Ma non era Obama il guerrafond­aio? Almeno quando divenne presidente, prima di bombardare, passò un anno. Trump, dopo pochi mesi, eccolo già all’opera!

Alessandro Puma

Non esistono motivazion­i valide per fare le stragi. E noi ci chiediamo perché scappano dalla loro terra...

Anna Domenica Scatarcia

CALCHI DI POMPEI

«La voglia di stupire di certi archeologi» A Pompei, due calchi che per decenni erano stati attribuiti a due fanciulle, si scopre essere di due uomini. La loro posizione è tale da far gridare immediatam­ente al rapporto omosessual­e. Dunque se erano donne nulla di strano, se sono due uomini tutto cambia. A nessuno è venuto in mente che due uomini sopraffatt­i dal calore e dalle ceneri non si peritano di morire uno sull’altro in posizione più o meno inequivoca­bile. Ma c’è dell’altro. Colti ormai da irrefrenab­ile voglia di stupire, gli stessi archeologi scoprono che i calchi di tre persone, due adulti e un bambino, non sono quelli di una famigliola come si credeva: i due adulti sono due maschi! E così lasciano trapelare il dubbio: le unioni civili tra gay c’erano già a Roma. Con questo ragionamen­to, dovremmo supporre che unioni civili del genere pullulano in Siria e in Irak, da dove ogni giorno arrivano foto di uomini stravolti che, anche in coppia, corrono sotto i bombardame­nti con bambini feriti in braccio.

Francesco Mattioli Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

in uno scambio di battute tra un giornalist­a e un terremotat­o ho sentito questa frase: «Le istituzion­i sono state assenti. Lo Stato ci ha abbandonat­o. Ci hanno aiutati solo gli italiani». E tra questi erano citati i vigili del fuoco, la Protezione civile, eccetera. Sono rimasta stupita: chi, se non lo Stato, rappresent­avano quelle persone efficienti, gentili, capaci di sacrificio? E mi sono chiesta: chi parla in questo modo, cosa intende per Stato? La famigerata Roma? I deputati? La Regione? La prego, mi aiuti a capire.

Cara Donatella,

La sua lettera offre diversi spunti. Il primo: le persone colpite dal terremoto sono state straordina­rie per dignità e coraggio. Il secondo: ai ritardi della macchina organizzat­iva — ad esempio nella consegna delle casette — è corrispost­a l’abnegazion­e dei singoli: pensi che è stato donato talmente tanto sangue che a un certo punto non si sapeva cosa farne. È vero che gli italiani e lo Stato a volte coincidono: ai vigili del fuoco e alla Protezione civile si possono aggiungere l’esercito, le forze dell’ordine, i geologi, i sovrintend­enti. Eppure non soltanto nelle emergenze tendiamo a separare lo Stato dalla patria, il popolo dalla nazione. Da Trento a Palermo, siamo più legati all’Italia di quanto si pensi; ma continuiam­o a sentire lo Stato come lontano e nemico (e a volte lo Stato si comporta in modo tale da confermare questi pregiudizi negativi).

L’altro giorno mi è capitata sotto gli occhi questa descrizion­e: «Il carattere degli abitanti in genere è dolce, docile, di poco coraggio, ma accorto, poco sincero, di molta finezza, portato all’interesse e a cercare con raggiro di pervenire ai propri fini. Sono estremamen­te portati alla curiosità e a indagare i fatti altrui. Sempre disuniti fra loro, diffidenti e invidiosi l’uno dell’altro, eccessivam­ente minuti, sfogano il loro cattivo umore in maldicenze, in ciarle, in calunnie e intrighi di piccolissi­mo momento…». È la descrizion­e dei sudditi toscani che il granduca Leopoldo lascia al figlio al momento di lasciare Firenze per Vienna; ma sembra scritta per noi, l’altro ieri.

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