Banco Bpm, i fondi al 70% del capitale «Target realizzati»
A Novara la prima assemblea post fusione
DAL NOSTRO INVIATO
L’unica fusione realizzata fra Popolari dopo la riforma ha dato vita al terzo istituto italiano e anche a una nuova public company. Ieri si è tenuta a Novara la prima assemblea di Banco Bpm e l’amministratore delegato Giuseppe Castagna ha indicato che «il 70% del capitale è detenuto da fondi per la maggior parte internazionali, con i quali dobbiamo costruire un rapporto duraturo». A guidare il «plotone» è Norges bank con il 3,2% seguita da BlackRock, Axa, Pioneer, Vanguard, Standard Life e State Street. E così ieri in assise è intervenuto il 35,5% del capitale, il 22-25% rappresentato da investitori istituzionali.
La prima assemblea post fusione di Banco Bpm è stata comunque un po’ particolare, perché ha fotografato la fase di transizione fra il modello cooperativo «una testa un voto» e quello di spa «un’azione un voto». Così, attraverso i 16 ingressi predisposti come si usava per le «vecchie» Popolari in attesa di migliaia di soci, ieri ne sono entrati quasi mille, che con le deleghe hanno significato 6.100 azionisti. Una folla ridimensionata rispetto alle ultime due assisi che hanno dato il via al merger nell’ottobre 2016, quando a Verona per il Banco Popolare sono intervenuti 1.375 soci con deleghe per rappresentare 23.812 voti e a Milano per Bpm 5.406 per un totale di 10.198 voti.
«Le fusioni bancarie sono oggi auspicate da tutti, ma nessuno le ha realizzate. Tranne noi. Ma ora che siamo diventati un’unica società, dobbiamo diventare un’unica banca», ha detto il presidente Carlo Fratta Pasini, manifestando l’orgoglio ma anche la consapevolezza delle difficoltà presenti e future, «in un contesto generale che resta difficile». Tra le fondazioni era presente Cariverona con lo 0,41% e deleghe per un altro 0,13% degli enti di Modena e Carpi e per quanto riguarda l’azionariato Fratta Pasini ha sottolineato: « Nessuno punta a costruire zoccoli duri, noi miriamo ad avere compagni di strada stabili nel nostro percorso. Abbiamo colto la disponibilità di istituzioni e fondazioni bancarie presenti in assemblea sia come azionisti attuali che prospettici, inoltre c’è un dialogo di cui sono promotori alcuni imprenditori che hanno creduto nella banca in passato e credono in Banco Bpm. Speriamo traducano l’interesse in investimenti e si coordinino in modo analogo a quanto fatto in Ubi e Bper».
A proposito di Popolare Vicentina e Veneto Banca e del loro fabbisogno di capitale, Castagna ha detto che «si sente parlare di cifre molto rilevanti: forse è opportuno, come con Mps, un intervento diretto dello Stato». Il Fondo Atlante, «del quale facciamo parte solo con una quota minima, deciderà cosa fare». È inopportuno «disturbare il manovratore in un momento così delicato per le due banche».
Nel corso dell’assemblea, che ha approvato i conti 2016 dei due istituti e le politiche di remunerazione-incentivazione, Castagna ha escluso «qualunque possibilità di aumento di capitale», e ha detto che Banco Bpm procede «a tappe forzate» nell’integrazione. «Confermiamo gli obiettivi del piano industriale, che ci porteranno nel 2019 a realizzare profitti per oltre 1 miliardo. Nei primi tre mesi di quest’anno «abbiamo conseguito i target prefissati». Quindi si soffermato sulle sofferenze. Il piano prevede dismissioni per 8 miliardi. A fine anno saremo al 30% del target: ne abbiamo già realizzate per 1,7 e ne stiamo negoziando per altri 700 milioni».