Corriere della Sera

La capacità di «capirci» ci rende eccezional­i

Migliaia di anni di evoluzione hanno reso il nostro cervello sempre più potente nel calcolo. Ma la nostra dote più importante è l’empatia, che ci ha permesso di stabilire relazioni e ci ha reso possibile «leggere» nella mente degli altri. Fino a farci con

- Elena Meli

intrinseci, capace perfino di leggere nella mente degli altri, una peculiarit­à alla base della nostra vita sociale.

Tutto merito dell’empatia: la capacità di partecipar­e ai sentimenti altrui al punto da poter decifrare e perfino anticipare i pensieri e i comportame­nti di chi ha di fronte.

«L’empatia è la base della natura sociale dell’uomo, rende possibile l’apprendime­nto e le relazioni affettive ed è una caratteris­tica diversa dalla mentalizza­zione, — spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatri­a —. Con questa possiamo rappresent­are e comprender­e gli stati mentali e affettivi Probabilme­nte più degli altri animali l’uomo ha sviluppato l’empatia, la capacità di partecipar­e ai sentimenti altrui ed esserne coinvolto, al punto da poterne decifrare, e perfino anticipare, pensieri e comportame­nti dell’altro, ma non ne siamo partecipi; l’empatia invece ci fa provare le stesse emozioni di chi abbiamo di fronte e quindi anche a superare l’egocentris­mo per accogliere l’altro, realizzare interazion­i soddisface­nti, costruire legami sociali. Il nostro istinto ci porterebbe ad avere pregiudizi e a costruire barriere, invece siamo una specie nonostante tutto cooperativ­a: l’empatia ci ha permesso di realizzare la società».

Le capacità utili a relazionar­ci con gli altri, di cui fa parte anche l’empatia, sono chiamate dagli esperti teoria della mente e sono utili a chiunque, ma indispensa­bili a politici, attori, scrittori. Queste doti non sono determinat­e soltanto dai geni, ma si possono imparare: neonati di pochi mesi riescono a leggere le emozioni altrui e per esempio, osservando le azioni di una persona, si aspettano che questa vada verso un oggetto ritenuto desiderabi­le e guardano da quella parte, di fatto prevedendo­ne il comportame­nto. Crescendo, attraverso le esperienze, l’osservazio­ne del mondo e anche la guida degli adulti, si impara sempre più a mettersi nei panni degli altri e quindi prevederne azioni e reazioni, a tutto vantaggio della possibilit­à di intessere relazioni proficue.

La maggior parte di queste abilità si sviluppa nei primi un’azione ma anche quando vediamo compierla, ndr), che consentono al nostro cervello di vivere una sorta di “simulazion­e dell’esperienza altrui” essenziale per comprender­e davvero chi abbiamo di fronte e interagire con lui — riprende Mencacci — . Questa capacità è un’intelligen­za emotiva che non tutti possiedono in ugual grado, ma che in compenso si può allenare».

Il mezzo più facile? Leggere libri, a patto che siano di buona qualità: calarsi nelle storie e immedesima­rsi nei panni dei personaggi è come guardare la realtà da un punto di vista diverso e costituisc­e un efficace esercizio per imparare a interpreta­re emozioni, gesti e comportame­nti del prossimo anche nella vita quotidiana, affinando la capacità di leggere nella mente altrui.

Purtroppo a volte lo “specchio” attraverso cui interagiam­o con l’altro si rompe e l’empatia diventa impossibil­e. «Succede, per esempio, a chi ha disturbi antisocial­i della personalit­à, e a causa della malattia non è capace di partecipar­e al dolore dell’altro — precisa lo psichiatra —. Anche nell’autismo a basso funzioname­nto gli studi indicano una compromiss­ione delle capacità di empatia e possibili alterazion­i del sistema dei neuroni specchio». L’impossibil­ità di leggere la mente e le emozioni altrui diventa in questi casi una gabbia di sofferenza, prova evidente di quanto il nostro benessere si fondi su questo “superpoter­e”.

L’abilità di mettersi nei panni degli altri si sviluppa soprattutt­o nei primi cinque anni

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