Siamo nati per correre E alla lunga battiamo i ghepardi
Cervello La capacità di «leggere il pensiero» altrui La capacità di fare complessi calcoli fisici e probabilistici in tempo reale Glutei Le masse muscolari dei glutei (molto più grandi che nei felini) aumentano notevolmente la spinta nella corsa Tendine d’Achille La sua speciale conformazione riduce di tre quarti il dispendio energetico nella corsa e aumenta la velocità di marcia dell’80% rispetto a quella dei primati che ne sono privi n termini di velocità non siamo dei fulmini: il ghepardo, che sfreccia a 120 chilometri orari, può battere con facilità anche Usain Bolt, detentore del record mondiale sui cento metri con una velocità attorno a 37 chilometri all’ora. Però l’uomo è il miglior corridore sulla Terra, stando a un articolo pubblicato dal New Scientist. Nessuno si muove, specie sulle lunghe distanze, come noi. Il merito è delle nostre caratteristiche fisiche e mentali: abbiamo muscoli molto sviluppati sui glutei (ben di più rispetto ai felini), fondamentali per dare una grande spinta alla falcata tanto che gli atleti paralimpici con Bocca, pelle, vie aeree I batteri che colonizzano queste parti del corpo ci aiutano a mantenerle in salute Gambe La loro particolare struttura ci rende molto veloci e ci garantisce una grande resistenza sulle lunghe distanze protesi alle gambe riescono ugualmente a correre molto veloce. Ed essere bipedi non è uno svantaggio: le braccia ci danno stabilità e le gambe sono un concentrato di meccanismi perfetti per avere elasticità e resistenza col minimo sforzo, grazie per esempio al tendine d’Achille che riduce di tre quarti il dispendio energetico della corsa e accumula un’energia tale da aumentare la velocità di marcia dell’80% rispetto a quella di altri primati che ne sono privi. Siamo geneticamente disegnati per correre, discendendo da progenitori cacciatori che per procurarsi il cibo dovevano spostarsi su lunghe distanze e su qualsi- iamo superuomini anche perché siamo quasi dei cyborg. Non abbiamo (ancora) arti sintetici, ma conviviamo con trilioni di esseri ben diversi da noi, indispensabili e allo stesso tempo “critici” per la nostra salute. Minuscoli, possono essere buoni o cattivi: i batteri fanno parte del nostro corpo e ne segnano il destino. Un fatto che non stupisce, considerando quanti sono: «I microrganismi che colonizzano qualsiasi nostra superficie accessibile sono miliardi — spiega Mario Aimetti, presidente eletto della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia —. Da questa convivenza traiamo innumerevoli vantaggi: nel cavo orale, dove l’ambiente umido e caldo è ideale per la proliferazione batterica, i germi sono particolarmente numerosi e se ne contano circa 7-800 specie diverse, utili per mantenere caratteristiche costanti di temperatura e acidità, per esempio». Anche sulla nostra pelle vivono milioni di batteri e basta pensare che la flora batterica dell’epidermide di un allergico è diversa da quella di una persona sana per capire come i microrganismi possano incidere sul benessere cutaneo.
Al punto che c’è perfino chi propone saponi a base di Lactobacilli, Bifidobatteri o altri probiotici che, secondo i fautori, sarebbero capaci di mantenere la pelle pulita e profumata, nutrendosi dell’azoto nel nostro sudore e neutralizzandolo, ma anche di difenderla da agenti patogeni esterni grazie a capacità antinfiammatorie e immunomodulanti. Di certo l’utilità dei milioni di germi che ci portiamo addosso diventa ancora più evidente considerando la flora batterica intestinale, un vero e proprio mondo come spiega Massimo Campieri, gastroenterologo del Policlinico Universitario Sant’Orsola di Bologna: «Fino a pochi anni fa nessuno aveva studiato attentamente la flora batterica asi terreno; in più, la nostra mente può aiutarci e motivarci. Nella maratona, nella quale secondo uno studio su Sports Medicine, l’uomo è già pronto a scendere sotto le due ore per 42 chilometri (il record attuale è 2 ore e 3 minuti) siamo imbattibili perché dissipiamo calore sudando in maniera molto più efficiente di qualsiasi altro animale che magari può essere più rapido, ma poi si deve fermare. L’unico rivale quando i chilometri sono parecchi? Il cavallo, ma solo se il clima è fresco perché se è caldo non dissipa calore a sufficienza e si stanca prima di noi.