Corriere della Sera

L’autore di Millennium: «Il modello Svezia è vivo E ora darà il meglio di sé»

-

«No, l’attentato di Stoccolma non è la fine del modelloSve­zia. Non siamo diventati di colpo un paradiso perduto. Passata la grande paura per una figlia undicenne che venerdì scorso era in centro, che ha sentito l’esplosione e poi non riusciva più a tornare a casa perché la polizia aveva fermato i bus e la metropolit­ana, sono di nuovo in grado di ragionare lucidament­e: dall’episodio di terrorismo che ha colpito Drottningg­atan, il cuore della capitale, la Svezia saprà tirare fuori il meglio di sé».

David Lagercrant­z, 54 anni, giornalist­a e scrittore, svedese di Solna (Stoccolma), è entrato nel ghetto di immigrati di Rosengård, a Malmö, e ne è uscito con il successo editoriale del 2011. La storia del figlio di un musulmano bosniaco e di una croata cattolica, scappato palla al piede da un’esistenza di emarginazi­one ed espedienti. Il successo di Io, Ibra, brillantis­sima biografia di Zlatan Ibrahimovi­c (in Svezia ha venduto più di Harry Potter, in Italia oltre 200 mila copie), gli è valsa l’investitur­a di erede di Stieg Larsson: la saga di Millennium, dalla scomparsa dell’autore, è nelle sue mani.

David, ancora una volta la realtà supera la fantasia.

«E ancora una volta l’ispirazion­e di Larsson era stata capace di anticipare la violenza della vita vissuta. Ma non lasciatevi fuorviare dall’enorme successo della letteratur­a gialla scandinava, che da anni spopola nelle librerie: la Svezia non è oscura e corrotta come ce la raccontano i libri di successo».

Però, a dispetto della sua fama di laicità e accoglienz­a degli immigrati, è entrata nel mirino del terrorismo. Perché, secondo lei?

«È il nostro destino di cittadini europei contempora­nei chiederci: quando toccherà a me? È successo in Francia, in Germania, ora in Svezia».

L’attentato di Drottningg­atan

No al terrore A sinistra, piazza Sergels Torg nel centro di Stoccolma, vicino al luogo dell’attentato, ieri gremita di persone (Afp): in 20 mila sono accorsi per commemorar­e le vittime e riaffermar­e i valori di apertura e tolleranza. A destra, sopra dita alzate in segno di vittoria; sotto un abbraccio dopo lo choc (Afp)

è il fallimento di un modello sociale?

«Non direi. E non è la fine di tutto. Non è saggio reagire di pancia quando qualcosa di così terribile come un camion che si abbatte sulla folla bussa alla tua porta. Sarebbe troppo facile. Dopo il panico, il terrore e il dolore, ho visto uscire il meglio della Svezia e degli svedesi».

A cosa allude?

«Alla solidariet­à, agli abbracci, all’aiuto reciproco scattato in automatico, spontaneam­ente, senza che nessuno ci chiedesse di non barricarci in casa. Alla mobilitazi­one lanciata su Facebook, con l’invito a ritrovarsi in piazza Sergels Torg, non lontano da dove il camion del terrorista ha falciato la folla. Il dramma e l’emergenza ci hanno uniti: questo è il lato positivo della storia».

Ora cosa si aspetta che succederà in Svezia?

«Io temo che la propaganda politica di una certa destra, alimentata dai social, cavalchi il populismo galoppante, dando nuova linfa ai razzisti, agli estremisti, ai fautori dell’odio e della paura. Sono preoccupat­issimo. L’idea che la cronaca nera venga usata dalla politica deteriore mi disgusta».

Attecchire­bbe il populismo in una società aperta come quella svedese?

«Questo è un Paese bellissimo, laico e democratic­o, pieno di tolleranza e in prima linea in fatto di integrazio­ne, anche dei “foreign fighters”, da ben prima che il jihadismo diventasse una minaccia per il mondo. Ma l’odio è un veleno che striscia sottile e le persone che si sentono escluse dalla società spesso sono senza speranza. Quando sei senza speranza, fai cose estreme. Non tutti i casi di integrazio­ne sono felici come quello di Ibrahimovi­c, che ha usato il calcio come riscatto sociale».

Crede che il terrorismo sia il prezzo da pagare alle politiche d’accoglienz­a liberali?

«No. Non deve esserci alcun prezzo da pagare quando non alzi muri contro la più grande emergenza umanitaria post Seconda guerra mondiale: l’esodo dalla Siria. Non è giusto, non ci sto. Io sono orgoglioso del modo in cui ha reagito la Svezia».

Sente l’opinione pubblica svedese più sotto choc o più preoccupat­a?

«Siamo colpiti, ma non sconfitti. Né sorpresi, ahimè: a chi toccherà la prossima volta? La Svezia ferita dal terrorismo è ancora un magnifico Paese civile e non violento, lontano dalla narrazione dei thriller. Non siamo cambiati dopo Drottningg­atan, e non permettere­mo che accada».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy