«Satira sul maschilismo con una fiaba grottesca»
La regista Dana: così una donna si scopre ermafrodita
La favola rosa dura un attimo. L’uomo che Jeanne attende al ristorante, l’amore della sua vita, il padre dei suoi figli, arriva bello e puntuale. Ma solo per dirle che c’è un’altra, ovviamente più giovane e già incinta. E il mondo dorato di Jeanne va a pezzi. Sola, tradita, vessata dal capo, stressata e furibonda, giura di non voler più uomini nella sua vita. Ma mai sfidare gli dei. Poco dopo, in una notte buia e tempestosa degna di Frankenstein, una saetta rimbomba nella sua stanza e la favola di colpo si fa nera. Assonnata, lei si alza, va in bagno e non si rende conto di aver assunto una posizione insolita, frontale al water. Un attimo dopo strabuzza gli occhi, rischia il collasso. Ha un sesso maschile spuntato senza preavviso.
Qualcosa di troppo è un film curioso, scritto, diretto e interpretato da Audrey Dana, nelle sale dall’11 maggio. «Una storia nata da un incubo — racconta lei, attrice di Lelouch, regista del fortunato 11 donne a Parigi —. Anni fa sognai di svegliarmi con quel “dettaglio” in più. Era così reale, così fisico, che rimasi turbata a lungo. Quella sensazione di essere in parte donna e in parte uomo mi è rimasta dentro, mi inquietava e mi faceva ridere. Ho pensato di farne una commedia». Certo il soggetto è audace, facile scivolare nella volgarità. Prima di tutto, come chiamarlo? Moravia se l’era cavata con «Lui», Jeanne sceglie il nome di un coniglietto con cui giocava da bambina, «Pinpin». Ma Pinpin non è un tipo facile con cui convivere. È indipendente dal resto del corpo, ha le sue esigenze, non ubbidisce agli ordini. Costringe Jeanne a cambiare biancheria, a camminare in modo strano. Stupefatto e agitato quasi come lei anche il ginecologo (Christian Clavier) che non avendo precedenti clinici non sa che pesci pigliare. L’unica capace di sorriderci su è Marcelle (Alice Belaidi) che invita Jeanne a guardare il lato positivo della situazione: «Non avrai più le noie del ciclo nè della menopausa e poi, con il cervello di una donna e i genitali di uomo sai che potrai fare!».
«Questa è la domanda — conferma Dana —. Che succederebbe in un società maschilista come la nostra se una donna si ritrovasse con gli onnipotenti attributi maschili?». Jeanne ha in breve la risposta. Dopo il panico iniziale si riassesta nella doppia pelle, esplora una sessualità senza confini, riequilibra il suo rapporto con gli uomini, mette in riga i colleghi prepotenti. «Sei il prototipo di una nuova razza!» esulta l’amica.
«L’ermafrodita è un mito fondante — riprende la regista —. In ogni donna c’è un po’ di uomo e viceversa, non è un limite ma una ricchezza. La differenza tra i sessi non è così netta, è qualcosa di sottile e complesso. Niente è mai bianco o nero, le sfumature di grigio sono tante». Prima di iniziare a girare Dana ha voluto mettersi nei panni della sua eroina mutante intervistando un centinaio di uomini sul rapporto con il loro sesso. «Le loro confessioni mi sono servite per scrivere la sceneggiatura». In equilibrio tra realtà e fantasia, magia e allucinazione, la trama prende i contorni
della fiaba oscura. «Che inizia e finisce dentro un temporale. Un elemento cardine delle favole, come l’acqua, il fuoco, la terra... La natura non conosce censure, è aperta a tutte le possibilità. Il sortilegio che trasforma Jeanne è l’occasione di superare i codici della società, di riconoscere e riconciliarsi con la sua parte maschile». Pimpin fa la sua magia, spinge Jeanne rimettersi in gioco, a superare i tabù. A rompere il giuramento e accettare un nuovo amore. Oltre i cliché.
La diversità tra i sessi non è mai così netta, è qualcosa di sottile e complesso «Qualcosa di troppo» La trama del film ispirata da un incubo dell’autrice che è anche interprete