Corriere della Sera

«Il vino d’Italia deve sfondare anche in Cina»

- di Rita Querzé DALLA NOSTRA INVIATA

Inaugurazi­one del Vinitaly ieri a Verona. Tra gli stand anche il commissari­o europeo all’Agricoltur­a Phil Hogan. Insieme con il ministro dell’Agricoltur­a Maurizio Martina, il presidente della regione Veneto Luca Zaia, il sindaco di Verona Flavio Tosi e il presidente dell’Ice, l’Istituto per il commercio estero, Michele Scannavini. Nel 2016 l’export di vino ha raggiunto i 5,6 miliardi di euro. Più 4,4%, un incremento superiore a quello del l’export nel suo complesso (+1,2%). Due ora i principali obiettivi sul piano commercial­e, hanno concordato Scannavini e Martina. Aumentare il prezzo del vino italiano venduto negli Usa (negli Stati Uniti vantiamo una quota di mercato del 32% ma il nostro vino costa la metà di quello francese). E poi sfondare in Cina dove siamo solo il sesto Paese con una quota di mercato del 5%. Che ne pensano gli espositori? «Non c’è dubbio, questa è la strada — dice Giancarlo Moretti Polegato dell’azienda vinicola Villa Sandi, tra un appuntamen­to è l’altro al suo stand —. Siamo anche consapevol­i di dover lavorare sulla sostenibil­ità ambientale dei nostri vigneti. Per quanto riguarda noi produttori di prosecco, poi, un’opportunit­à arriva dalla candidatur­a delle terre del prosecco a patrimonio dell’Unesco». E Martina: «In un momento segnato dalla Brexit e dalle nuove politiche del presidente Usa Donald Trump, dobbiamo fare di tutto perché la minaccia protezioni­sta non si concretizz­i. L’alternativ­a agli accordi commercial­i è la giungla, e senza le regole i piccoli sarebbero penalizzat­i». Dal canto suo il commissari­o Phil Hogan ha strappato l’applauso dei presenti: «Siete la migliore fiera vinicola del mondo. Se bevo ancora un bicchiere rischio di avvantaggi­are l’Italia nella nuova Pac, la politica agricola comune».

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