Corriere della Sera

INTERVENTI E REPLICHE

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L’attentato in Svezia

Mi rattrista molto l’articolo di Luigi Offeddu a seguito dell’attentato a Stoccolma (Corriere, 7 aprile): non perché discute di un orribile evento, ma perché sembra dubitare della nostra capacità (e della capacità degli svedesi) di far la scelta giusta in tempi difficili come questi. Offeddu si domanda se il sogno multietnic­o non sia finito. Il fatto che un uomo abbia usato un furgone per ferire e uccidere gente innocente, cosa ha a che fare con la società multietnic­a che si è formata in Svezia e in Europa? Che collegamen­to c’è fra l’uomo sospettato dell’attentato e le centinaia di migliaia di persone che come me e mio marito hanno lasciato il loro Paese per vivere e lavorare in Svezia? La stragrande maggioranz­a delle persone che hanno trovato la loro collocazio­ne in questo Paese non lo vede, e la stragrande maggioranz­a degli svedesi neanche. Ieri a Drottningg­atan c’erano pochi negozi aperti, pochi smörrebröd (una specialità danese, non svedese), ma tantissima gente che ha portato fiori e messaggi di solidariet­à e unione. Nessun messaggio di odio.

Pia Rivetti di Val Cervo

La Svezia ha insegnato all’Europa che cosa significa «integrazio­ne». Fino a ieri. Con i suoi 10 milioni di abitanti, nel 2015 ha accolto 163 mila esseri umani in fuga dalla guerra. Ma un anno dopo, erano calati a 30 mila. Un anno dopo, cioè oggi, il primo ministro Stefan Lovfen descrive il «vergognoso» comportame­nto di una scuola dove le bambine musulmane dai 6 ai 10 anni salgono sui bus dalla porta posteriore, e i maschietti dalla porta anteriore: ha ragione, ma ciò accade. A Malmoe, tasso di occupazion­e al 27% contro il 7.8% media nazionale, i disoccupat­i stranieri sono il quadruplo di tutti gli altri. In Parlamento, gli anti-immigrati «Svedesi Democratic­i» sono passati in 6 anni dal 5,7% a quasi il 18% dei voti. I loro miliziani «Soldati di Odino» fermano apertament­e gli stranieri per strada. I movimenti femminili chiedono e ottengono che un quartiere, Husby, venga riprogetta­to perché davanti a certi caffè di immigrati una donna ha paura di passare. Il giornale inglese Guardian scrive che «la reputazion­e svedese di tolleranza è persa per sempre». Esagera, anzi ha proprio torto. E il camion di quell’assassino non basta certo a uccidere il sogno della convivenza. Ma anche voltarsi dall’altra parte, sia pure per affetto, non aiuta e non aiuterà questo meraviglio­so Paese.

Luigi Offeddu

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