Udinese incenerita in 24 minuti il Napoli inquadra il secondo posto
Mertens, Allan e Callejon liquidano la pratica al San Paolo nella prima metà della ripresa
Avrebbe potuto passare il sabato di Pasqua nella tribuna vip di San Siro, a godersi il primo derby cinese, oppure al sole di Miami, là dove hanno messo radici gli amici Vieri e Nesta; lo avrebbero accolto a braccia aperte in qualsiasi studio televisivo, se solo avesse scelto una comoda poltrona al caldo per commentare e giudicare il lavoro degli altri. Ma Pippo Inzaghi senza campo non sa vivere. Allora — alla faccia degli scudetti, delle Champions e dei trecento gol segnati in carriera — ha preferito rimettersi in discussione, rischiare tutto, misurarsi con se stesso. Maledetta passione. Lui, un campione del mondo, sulla panchina di una squadra di LegaPro, quel campionato infernale che quando ci giocava
L’occasione contro l’Udinese andava sfruttata e il Napoli ha aspettato un tempo prima di avvicinare la Roma, fermata all’Olimpico dall’Atalanta, mettersi a due punti dai giallorossi e riprendere la marcia per il secondo posto. La Pasqua azzurra viene santificata da Dries Mertens, ventisette gol stagionali finora, e prossimo candidato al rinnovo del contratto. Il centravanti, così battezzato da Maurizio Sarri, apre la strada alla vittoria larga dei partenopei (3-0) in avvio di ripresa dopo un primo tempo in cui il tridente dei piccoletti aveva fatto fatica a sfondare il muro difensivo degli avversari. Il belga gioca sotto gli occhi dei suoi nuovi procuratori, gli avvocati belgi Francis Stijn e Laurence Melotte, in tribuna insieme con il presidente De Laurentiis e reduci da una chiacchierata di oltre un’ora finalizzata a trovare l’accordo sulle cifre del nuovo contratto.
Dopo Insigne, blindato fino al 2022, con un ingaggio che sfiora i cinque milioni di euro, al Napoli tocca mettere in cassaforte il cannoniere della squadra. Mertens, che ha propiziato poi anche il raddoppio di Allan (ex che non ha esultato) ha terminato la partita con una motivazione in più. Cerca e probabilmente otterrà il contratto ma con una clausola rescissoria che consentirà al club di accettare eventualmente offerte dall’estero. All’appelcampo. Vincente Filippo Inzaghi, prima stagione al Venezia (LaPresse) (con la maglia del Leffe) ancora si chiamava serie C. E proprio nel giorno in cui il suo Milan ha acciuffato il derby al 97’, con una tenacia nella quale un po’ si è rivisto, Inzaghi ha festeggiato la sua vittoria meno importante, ma forse più bella: ha riportato, dopo dodici anni, il Venezia in B. Si è preso la Champions con una doppietta in finale, ha baciato la Coppa del mondo nella notte di Berlino: lo sguardo era lo stesso quando, abbracciato ai suoi ragazzi in maglia nera, saltellava e cantava nell’improbabile stadio collocato sull’isola di Sant’Elena dopo l’1-1 contro il Fano (punto decisivo per la promozione aritmetica con tre giornate d’anticipo). «Perché la gente non capisce che io non ho fatto alcun passo indietro: Venezia è una grande piazza, la società mi piace, questo girone di LegaPro era difficilissimo». A Venezia lo ha voluto Joe Tacopina, l’avvocato italoamericano già consigliere della Roma e presidente del Bologna. Il ds è Perinetti, l’uomo che ha accompagnato la crescita di Conte a Siena e Bari e che di Inzaghi dice: «Non pensavo fosse così pronto, mi ricorda Antonio». Ma Pippo non pensa alla panchina della Nazionale e del Chelsea, e nemmeno a tornare su quella del Milan. «Io voglio vincere la Coppa Italia di LegaPro, il campionato non mi basta. Battere il Matera in finale, però, sarà dura». Perché il Matera e il Liverpool, in fondo, sono la stessa cosa.